La premessa è una frase di un film di Ingmar Bergman, “Il silenzio”: “È assurdo prendere in giro la natura perché dopo si vendica”. Parto da qui per rinfrescare due note sulla mia verginità. Certe cose le scrivo perché mi piace farlo e non ne nego lo spirito autoreferenziale, ma ne tengo traccia anche per avere delle risposte già articolate da servire all’uopo.
Quella dell’immagine è una copia in scala di “Perseo con la testa di Medusa” che custodisco gelosamente nella mia stanza rossa. È una riproduzione che vale poche decine d’euro, però io ne apprezzo il valore simbolico, nel senso junghiano del termine, ed è per questo motivo che ogni tanto la contemplo con delle occhiate fugaci.
L’opera originale è del Cellini e nel corso degli anni mi ci sono identificato fortemente per il significato di cui l’ho ammantata, ma d’altronde il mito di Perseo si presta a forzature di questo genere.
Per me la decapitazione della Gorgone è la vittoria sulle pulsioni, quindi i serpenti della chioma di Medusa mi appaiono come delle tentazioni che tolgono più di quanto sappiano dare.
Non ricorro alla spada per vincere la creatura, ma alla mia verginità: anch’essa ha una valenza fallica e l’acquisisce nel momento stesso in cui, per paradosso, supera in virilità e libertà ogni ordine dal basso a cui altri non si sanno sottrarre.
La libido è come il fumo durante un incendio e trova sempre un modo per manifestarsi, perciò la masturbazione è un metodo per controllarla e io vi ricorro regolarmente: se vi fosse qualcosa di analogo per gli aspetti platonici di un legame allora potrei rivendicare davvero un’autarchia emotiva, ma il tutto resta più della somma delle sue parti.
Conferisco il mio carattere virgineo alla figura di Perseo anche in ragione delle sembianze efebiche con cui il Cellini (a mio parere) lo ha rappresentato, inoltre trovo che la sua sia un’espressione quasi irenica nonostante egli tenga in mano la testa di Medusa e ne calpesti il cadavere.
La vittoria non è soltanto quella sulle pietrificazioni pulsionali, ovvero l’elusione di quei rapporti che potrebbero soltanto rubarmi pezzi d’Io in cambio di qualche modesto coito, ma pure quella di un’integrazione della vita pulsionale in un ambito che la nobiliti e non me la renda nociva.
Anche se non ho mai avuto legami di alcun genere, talora ho provato a stabilirne d’eterni con le rare fusioni di beltade e temperamento verso cui ho nutrito una sincera attrazione.
Un’ulteriore vittoria per me è stata quella di non ripiegare mai né sulla pochezza della carne di passaggio né su amicizie femminili: nel mio caso non può esserci amplesso senza una piena attrazione né amicizia qualora invece l’attrazione ci sia.
Sono manicheo per necessità, ma invero la mia condizione virginea non ha connotati religiosi poiché il mio ateismo è manifesto sin dalla più tenera età. Se fossi musulmano forse non vorrei settantadue vergini nell’aldilà, ma preferirei una menade navigata: insomma, qualora dovessi convertirmi a qualcosa non sarà all’Islam, ma al culto di Dioniso.
Riprendo la citazione con cui ho esordito: “È assurdo prendere in giro la natura perché dopo si vendica”. Questo vale tanto in chi neghi del tutto la propria sessualità quanto in chi l’assecondi senza calibrarla sulla propria indole, ma rispondendo alle istanze più basse poiché incapace di mediarle a suo favore, foss’anche con un accento parossistico su una legittima licenziosità.
Per qualcuno ciò è inconcepibile, ma io capisco una simile impossibilità poiché taluni per comprendere tutto questo dovrebbero anzitutto assistere al crollo verticale dei loro mondi.
A ognuno il suo.
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