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Brevi sdoppiamenti notturni

Le folate di vento degli ultimi giorni non hanno spazzato via certi pensieri che albergano in me e di cui, in fine dei conti, non subisco poi tanto l’invadenza. Non so se la notte porti consiglio, ma sospetto che essa contrabbandi paure e tristezze. Il mio è un sentiero solitario, però ogni tanto mi volto indietro perché so che c’è sempre qualcuno e non mi sorprenderei se un giorno dovessi trovarmelo di fronte, laddove forse già mi aspetta.
Il tempo passa che è un piacere, affermerei se volessi tentare un po’ d’ironia, ma onestamente non posso sostenere che per me trascorra troppo male. Sono il mio solo riferimento e qualche notte non basto a me stesso, perciò esco e mi accompagno alla mia ombra, quella che in casa è l’ombra di stessa: a volte non è soltanto una questione di luce…
Talora, in maniera del tutto ingiustificata, conferisco al futuro delle valenze angosciose che non merita, tuttavia queste indebite proiezioni sono sempre il sintomo di un malessere passeggero e non attecchiscono mai per lungo tempo. Ogni tanto la stanchezza parla o scrive a nome mio e in alcune occasioni neanche la smentisco, ma lascio quest’onere agli eventi.
Mi fa bene scrivere, perché è come se mi sdoppiassi e trovassi in una mia copia quello che mi manca. Quando scrivo mi sembra di parlare con qualcuno che sia in grado di capirmi così come io capisco lui, ma se la cosa non mi riguardasse direttamente e la dovessi giudicare da fuori allora direi: “E grazie al cazzo che ti sembra così”. Non scado in fenomeni di dissociazione, bensì uso i miei moti introspettivi per crearmi un mondo di relazioni che mi manca in toto: questo è anche un modo per tenere vivo il contatto con la realtà e in allenamento la capacità comunicativa.
Non importa che io scriva qualcosa di particolare, bensì mi basta dare un po’ di senso a quelle frasi sconnesse di cui i pensieri sanno ribollire durante l’attesa di un autobus, la coda a uno sportello, l’assente presenza a un evento mondano e così via. Via, via per sempre.

Francesco

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