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L’irresistibile attrazione della contrarietà

Navigo su Internet da due decadi esatte, infatti la mia prima connessione risale al terz’ultimo anno dello scorso secolo, perciò ne ho viste di cotte e di crude. In tutto questo tempo mi sono chiesto più volte come mai certuni avvertano l’irrefrenabile bisogno di perdere il loro tempo per cose verso cui millantano un presunto disprezzo, ma la ragione è banale proprio come la natura di simili soggetti e si annida in quel bisogno di reciprocità che è antico quanto l’uomo.
D’altro canto il disprezzo e l’indifferenza non indicano la stesso concetto benché talora possano trovare dei punti d’incontro, perciò l’accanimento contro qualcosa o qualcuno è il modo più facile in cui la summenzionata reciprocità possa concretizzarsi. Esistere per distruggere o dileggiare in quanto sono ostacolate o non altrettanto soddisfacenti altre forme di affermazione dell’Io come l’affetto, la solidarietà o l’amore, ancorché le une non escludano necessariamente la convivenza con le altre: ecco cosa sono certi individui, megalopoli bipolari, degne miniature microcosmiche di quelle che campeggiano sulle carte geografiche. Ovviamente certe nature non hanno a che fare con la densità di popolazione ed è normale che il prototipo in esame possa sbocciare anche in un paesello sperduto, avvolto dalla stessa indifferenza a cui il soggetto in questione non può ambire in quanto gli risulta fuori portata.
Nel corso del tempo io stesso ho avvertito la necessità di inveire gratuitamente contro certuni o di scagliarmi senza scrupoli verso qualcosa, ma sono sempre riuscito ad arrestare la mia idiozia prima che ne ponessi in essere le nefaste conseguenze. Quando io mi sono ritrovato in preda a una volontà così demenziale ho compreso come questa possa essere coercitiva e non conosca altro ostacolo all’infuori di una mente che, almeno in un certo grado, sia padrona di sé.
L’odio, il disprezzo, la rabbia e quanto di simile vi sia, non costituiscono altro che una forma di trofismo, né più né meno dei loro perfetti contrari, perciò è normale che alcuni aberrazioni (tali a giudizio della soggettività di turno) crescano in proporzione all’interesse avuto, a prescindere da quali sfumature assuma quest’interesse: d’altro canto un famoso adagio suggerisce che sia importante parlarne, non importa poi se bene o male.
Non nego che vi siano delle differenze in base ai giudizi di valore, ma queste si manifestano in un secondo tempo e talora, per certi scopi, si rivelano del tutto trascurabili. È alla luce di tutto questo che filtro i contenuti di cui fruisco, quindi non ho la benché minima scusa per scagliare il sasso e amputarmi la mano così da lanciare anch’essa. Faccio in modo che le puttanate (quelle che io reputo tali) non mi compaiano, perciò mi perdo gli illustri pensieri dei miei contatti virtuali, le dissertazioni di certi giornalisti, i filmati di tendenza su qualche famoso network e così via, ma campo bene e aumento a dismisura la qualità delle mie letture. Le mie precauzioni azzerano del tutto o quasi le interazioni virtuali, forse esse inducono a un solipsismo due punto zero, ma non mi sembra che si tratti di un grande prezzo da pagare, anzi, è equo: il nulla per il nulla.

Francesco

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