Sabato mi sono recato a Firenze per prendere parte alla mia terza edizione del Passatore, ma ho sbagliato a interpretare la gara e mi sono ritirato al quarantottesimo chilometro, in cima al Passo della Colla, il punto più alto del percorso: non me ne sono pentito affatto!
Quest'anno il caldo torrido ha provocato molti ritiri, ma nel mio caso non è stato determinante e se avessi impostato correttamente la prestazione sarei riuscito a contenerne gli effetti, quindi non accampo la scusa delle alte temperature! Ho sbagliato io perché ho deciso di non portarmi l'orologio e ho voluto farne a meno per non avere l'assillo cronometrico, ma in questo modo mi sono affidato solo alle sensazioni (che la prima volta mi fecero fare una grande gara) e non mi sono reso conto di quanto il mio passo fosse troppo veloce per le mie capacità. Ho transitato a Borgo San Lorenzo, a circa trentuno chilometri e mezzo dalla partenza, in due ore e trentadue minuti, perciò con un passo di quattro minuti e quarantanove secondi al chilometro: un vero e proprio suicidio. I polpacci sono diventati di marmo poco dopo il quarantesimo e ho fatto bene a ritirarmi prima che sopravvenissero i crampi: non ero nelle condizioni di terminare la gara.
L'ottimo risultato della mia prima sei ore e tutti i chilometri che ho macinato negli ultimi mesi mi avevano dato un'iniezione di fiducia, inoltre alla partenza mi sentivo bene ed ero fiducioso, ma ho vanificato tutto e, per quanto tenessi a questa gara, è anche vero che un secondo dopo il ritiro non me ne è fregato più nulla. Gioisco per i successi e faccio spallucce ai disastri.
Quando le nubi si addensano e tutto resta com’è
Pubblicato venerdì 20 Maggio 2016 alle 00:43 da FrancescoSono trascorsi più di dieci anni da quando vaticinavo al mio avvenire una decade d'isolamento emotivo, perciò le mie previsioni si sono rivelate giuste oltre ogni più rosea o tetra aspettativa. Talora ho udito il lontano richiamo di qualche sirena, tuttavia non mi sono mai infranto su una scogliera né su un seno e di quelle voci sibilline non mi è rimasta neanche un'allucinazione.
Ho vissuto da solo i momenti più intensi ed estatici della mia giovane esistenza, ma più volte mi sono ritrovato a domandarmi se una tale condizione sia stata davvero un privilegio e ogni volta qualcosa d'ineffabile mi ha risposto di sì.
Ho cercato dentro di me ciò che non sono mai riuscito a trovare fuori di me e, anche grazie alla proverbiale benevolenza della fortuna verso gli audaci, mi sono imbattuto in un fuoco interiore che sporadiche folate hanno affievolito solo in quei momenti bui di cui il dualismo stesso è fatto.
In alcune zone di questo pianeta la vita vale poco e anche lontano da quegli inferni terrestri le sue quotazioni non sono certo alle stelle, perciò sono contento che il mio unico bacio sia stato quello della summenzionata fortuna. Ho assistito alla caduta di parecchi individui e il fiume non sembra ancora pago di cadaveri; poco importa che certi morti sembrino ancora vivi.
Io penso a me stesso senza nuocere agli altri e sto riguadagnando il dovuto distacco da certe pretese del cuore per le quali evidentemente non ho ancora le spalle abbastanza larghe, però tutto questo non mi suona nuovo e quindi non mi resta che migliorare l'esecuzione di un vecchio spartito. Non voglio imparare niente da nessuno e non mi faccio un bagno di umiltà, ma intendo sporcarmi le mani per risvegliare le forze che in me sono sopite e della cui presenza non potrei dubitare neanche se lo volessi. Le mie parole sono autoreferenziali, ma d'altronde io esisto (per così dire, o qualsiasi cosa voglia dire) soltanto in relazione a me, perciò non spetta loro l'onere di alcuna spiegazione di cui non siano già munite: ecco le comodità del solipsismo.
Sabato mi sono recato a Firenze per prendere parte a una gara di sei ore su un circuito di duemiladuecento metri, però l'ho corsa con l'intenzione di usarla come allenamento per un'altra competizione. L'inizio è avvenuto a mezzogiorno e fino alle sei ho percorso lo stesso giro più o meno una trentina di volte. Alla fine ho mantenuto un'andatura media di poco al di sotto dei cinque minuti al chilometro e ho accumulato circa settantatré chilometri che mi hanno fatto guadagnare il primo podio della mia carriera come terzo uomo.
Questo genere di eventi sono un po' elitari e la partecipazione non è certo quella delle grandi occasioni, tuttavia vi si riversano coloro che hanno una certa confidenza con le lunghe distanze. La mia prestazione è risultata migliore di qualunque mio pronostico e mi ha dato dei riscontri importanti che spero mi aiutino ad affrontare al meglio una gara a cui tengo parecchio.
Stamane mi sono recato in un ridente borgo della zona per prendere parte a una gara podistica di appena otto chilometri: è così che sono tornato all'agonismo dopo oltre un anno di assenza da qualsiasi evento competitivo. Mi sono classificato all’ottavo posto su ottanta partecipanti e mi considero soddisfatto poiché distanze così brevi non sono certo la mia specialità.
Ho corso il primo chilometro a 3'10", il secondo a 3'23", il terzo a 3'26; il passo del quarto invece ha risentito dei primi tratti in salita ed è stato di 4'05". I mille metri del quinto chilometro sono riuscito a farli in 3'58", quelli del sesto a 3'41. Gli ultimi duemila metri li ho fatti in 4'08" e 4'23" per l'arrivo in salita. Mi sono aiutato con un mio compagno di squadra che mi ha preceduto di pochi secondi. Ho spinto molto e ho sofferto parecchio su un percorso tutt'altro che facile in cui si alternavano salite e discese, ma sono contento per la tenuta psicofisica che ho dimostrato.
Mi attendono distanze decisamente più importanti e fatiche non meno intense, però mi sento bene e voglio fare il possibile per dare il meglio di me. Poiché ho ricominciato a mangiare carne posso anche godermi da solo la coscia di suino che ho vinto con il secondo posto di categoria. L'atletica è una madre severa ma giusta e intendo trarne ancora tutte quelle sensazioni che non riesco a trovare altrove.