Maratona di Honolulu 2014

Nel buio pesto di tre mesi fa non riuscivo a scorgere nemmeno un lontano bagliore di questo meraviglioso presente che allora era soltanto un futuro nascosto, del tutto inimmaginabile.
Non sono un fatalista e penso davvero che homo faber fortunae suae. Sono governato da leggi superiori che non conosco e non scarico la mia ignoranza sulle cosiddette casualità: certo, esse esistono, ma forse viene ascritto loro più di quanto in realtà portino nei loro amorfi grembi.
Mi sento di nuovo forte e allineato sulla mia via: il baricentro è stabile, lo sguardo deciso, perciò che io possa ricordare bene questi giorni e le notti che ne hanno preceduto la mirabile venuta. Oltre alle liete constatazioni è opportuno un resoconto: di sicuro non è indispensabile, però ho voglia di scriverlo per rinnovare la recente fragranza di quei momenti già incensati dagli eventi.
Sabato sono decollato dall’aeroporto di Waimea e prima di arrivare a destinazione ho fatto due brevi scali sulle isole di Maui e Molokai. Ho volato tre volte a bordo di un Cessna 208 Caravan  e durante la seconda tratta sono stato l’unico passeggero: ho provato una sensazione surreale! Sono arrivato a Honolulu in circa due ore e mezzo. Una volta uscito dall’aeroporto ho rimediato un passaggio da un atleta locale che si trovava anch’esso sul mio terzo volo e così sono andato a ritirare il pettorale: ho ricevuto il numero 16508! Non so se nasconda un valore cabalistico…
Non mi sono trattenuto molto all’Hawaii Convention Center, ma ho preferito dirigermi a Waikiki per riposarmi il più a lungo possibile e nel migliore dei modi.

Mi sono svegliato alle tre del mattino poiché lo start era previsto per le cinque. Ho messo il mio completo e mi sono legato una hachimaki (una bandana giapponese) in testa che riportava i due ideogrammi della parola “touhon”, ovvero “spirito combattente”. Per riscaldarmi ho corso da Kuhio Avenue fino alla partenza in Ala Moana Boulevard (guarda un po’, un boulevard): circa due chilometri e mezzo in cui ho visto maratoneti (o aspiranti tali) frammisti a degli ubriachi, ma forse qualcuno univa in sé i due mondi: creature ibride, un po’ dionisiache, un po’ mercuriali…
Poco prima dello start è stato cantato l’inno americano e poco dopo nel cielo ancora scuro sono esplosi dei fuochi d’artificio. Il primo chilometro l’ho dovuto correre piano, ma ho poi recuperato in progressione i secondi persi negli ingorghi dei primi mille metri. Qualche folata di vento e un po’ di pioggia hanno caratterizzato buona parte della gara, ma nulla d’insostenibile. Sono stato quasi sempre in gruppo con degli atleti nipponici, meno che in un frangente dove siamo stati in tre: un italiano, un giapponese e un tedesco, come in una barzelletta ricordata male o in un’alleanza bellica dagli esiti nefasti. Ho passato il decimo chilometro in 41 minuti e rotti e là ho trovato le prime conferme sulla mia andatura, ma ne ho ricavate di ulteriori al ventunesimo, infatti sono transitato in circa 1 ora e 28 minuti alla mezza maratona. Ho avuto una piccola crisi attorno al venticinquesimo chilometro poiché il vento si è alzato all’improvviso e la pioggia si è fatta più fitta, ma dopo poco il peggio è rientrato. Ho maturato la convinzione che sarei sceso sotto le tre ore prima del trentaquattresimo chilometro anche se avevo già cominciato ad accusare stanchezza muscolare: ho continuato a testa bassa, come altre volte, in altre casi…
Al traguardo il mio real time è stato di 2 ore, 58 minuti e 21 secondi, tempo che mi ha permesso di guadagnare l’82° posto assoluto, il 13° di categoria (M30-34) e il 71° tra gli uomini, uno dei primi europei e primo di quello che suppongo sia uno sparuto gruppo di italiani: tutto questo a fronte di più di ventiduemila partecipanti (e circa trentamila iscritti).
Niente male per uno come me che sembrava avesse chiuso con le gare e con altro: la verità è che “non è finita finché non è finita”!
Tra l’altro nel 2013 anche alla cento chilometri del Passatore (la mia prima gara) arrivai all’82° posto: quello fu un inizio e quest’ultimo forse ne sancisce un altro, come in un cerchio che si chiude, come in un eterno ritorno…
Ho iniziato questo viaggio dubitando delle coincidenze e queste mi si sono presentate in forme, modi e numeri di cui non ho ancora appuntato tutto. Non si tratta di autosuggestione: forse è qualcosa di ancora più prosaico, ma di certo non è autosuggestione. A tempo debito lascerò qui ulteriori dettagli e intanto continuo a starmene in mezzo al Pacifico, ospite di brave persone.
Dal Vecchio Continente un caro amico mi ha inviato un articolo apparso nella cronaca sportiva dell’edizione di oggi (diciotto dicembre) de Il Tirreno. Ringrazio ancora una volta chi di dovere.

Francesco

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