Oltre le coincidenze

Ieri ho incontrato di nuovo una ragazza tedesca che ho conosciuto sul volo da Los Angeles a Kona. Siamo rimasti in contatto via e-mail e abbiamo deciso di trascorrere una giornata insieme. In aereo ho scoperto che è stata anche a Orbetello: quante erano le possibilità che io sedessi accanto a lei? Per me è stato un incontro bizzarro! Mi ha divertito la sua accesa spiritualità, ma non l’ho mai irrisa. Abbiamo cominciato a parlare perché lei ha notato la copertina del libro che stavo leggendo, ovvero “Simboli della scienza sacra” di René Guenon.
Sono andato a prenderla in un ostello squallidissimo nel centro di Kona e l’ho aiutata a trovare un posto migliore a sud della città, ma prima abbiamo pranzato insieme in un posto incantevole ed economico sul mare, poi abbiamo esplorato dei negozietti dai cui traboccavano cianfrusaglie d’ogni tipo. In uno di questi posti ho scovato un vinile che non m’aspettavo di trovare, un album che per me ha un significato particolare, “Sacred Hymns”: è un disco di Keith Jarrett dedicato a Gurdjieff e l’ho pagato appena dieci dollari! Alla cassa una signora prim’ancora che della merce mi ha chiesto conto del mio accento e io le ho detto: “Guess!”. Dopo due tentativi ha indovinato la mia nazionalità, che un tempo fu anche la sua, difatti è emigrata trentadue anni fa da Livorno e ora gestisce un grazioso negozio d’antiquariato (con parecchi vinili) insieme ad altre persone.
 

Verso l’imbrunire ho accompagnato la viaggiatrice teutonica in un ostello più confortevole e là ci siamo salutati come in un film. All’inizio le ho detto che non mi sentivo a mio agio con lei, infatti per quanto piacevole fosse stata la giornata avevo avvertito della distanza e grandi differenze. Ad un certo punto dopo un silenzio interminabile mi ha detto: “I like how you’re handling it”.
Allora abbiamo cominciato a parlare in auto e siamo rimasti là per un paio di ore. Dopo questa lunga e profonda conversazione l’ho vista sotto un’altra luce, ma ci siamo detti comunque addio perché in patria ha qualcuno che l’aspetta. Le ho spiegato che se l’avessi incontrata di nuovo me ne sarei potuto innamorare o forse avrei trovato un’ulteriore conferma delle differenze che avevo avvertito in un primo tempo, perciò avremmo perso in ogni caso: “Great, in any case we cannot win, no way out!”. Alla fine ci siamo messi a ridere perché è stato tutto così surreale.
Per me quelli di ieri sono stati i momenti più romantici della mia vita. Entrambi avremmo voluto che tutto finisse e continuasse, in un paradosso insostenibile per questo piano dell’esistenza. Alla fine lei è scomparsa sotto un’orribile insegna al neon che recitava “open” anche se per me rappresentava un’altra porta chiusa. Prima di andarmene le ho lanciato un bacio dall’auto e lei mi ha aspettato per ricambiare. Non la dimenticherò mai.

Ho messo insieme dei filmati che ho registrato a tempo perso durante questa prima settimana in mezzo al Pacifico: frammenti di quotidianità. Oggi sono pervaso da sensazioni agrodolci, ma nulla che non mi sia già noto. Forse ad altre latitudini è una citazione inflazionata, ma per me continua ad essere qualcosa di più: “Per aspera ad astra!”.

Francesco

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