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Linee (dritte), curve, mandala

Quando andavo a scuola seguivo di rado le lezioni, ne ero incapace, e silenti inquietudini non mi agevolavano, così, ogni tanto, per ingannare il tempo tracciavo sui libri o sui quaderni delle linee e delle curve dalle quali ricavavo degli spazi vuoti che poi riempivo con lo stesso inchiostro. Quell’espediente mi rilassava e le spiegazioni degli insegnanti mi scivolavano addosso come gli eventi scivolano su chi abbia raggiunto un certo grado di coscienza. Solo dopo qualche anno ho associato quegli apparenti scarabocchi a dei simboli vedici, ovvero i mandala.
Circa una settimana fa ho acquistato dei libri che porterò in un lungo viaggio la cui partenza è imminente: testi di cui preferisco possedere un’edizione cartacea quantunque non abbia alcuna intenzione di lasciare a casa il mio Kindle e la sua portentosa comodità. Insomma, durante i miei acquisti mi sono imbattuto in un libro illustrato dei mandala di Kamala Murty che ho apprezzato subito per la sua semplicità. L’intento dell’opera è quello di fornire un’ampia gamma di mandala che rappresenti uno spettro altrettanto esteso di stati d’animo. Jung si occupò di questi e di molti altri simboli, inoltre egli stesso ne esperì gli effetti terapeutici; così quest’oggi ho preso un foglio bianco, ho scelto il mandala più adatto a me e l’ho ricalcato prima di colorarlo con quattro matite: una rossa, una verde, una viola e una blu.
”Incassare le delusioni”, così titola la pagina che introduce il simbolo suddetto. In poche righe è spiegato molto bene ciò che per taluni è impossibile da capire. Mi ha colpito la capacità di sintesi del seguente passaggio: “Mi aspettavo probabilmente decisioni e azioni dall’altra persona che non corrispondevano alla sua natura. Se i miei sogni per nulla realistici vanno a monte, non posso dargliene la colpa, anche se mi sento ingannato e sono infuriato”.
La spirale centrale di questo mandala rappresenta la delusione recente, le spirali più piccole le delusioni che l’hanno preceduta, ma ci sono altre forme che si palesano e queste simboleggiano le speranze. Il testo recita: “Nella misura in cui il mio sguardo diviene più libero, riconosco che la mia vita non è suggellata soltanto da affanno e dolore, ma tra le delusioni-spirali sbocciano delle forme piene di speranza”.
Quando ho ricalcato il primo cerchio ero scettico, quando ho finito di colorare l’ultimo spazio ero calmo, forse sereno. Non so se sia stata l’autosuggestione o cos’altro, però riproverò di sicuro. In questo caso ho usato il verde della speranza e il rosso della passione (inespressa) per le spirali (le delusioni) poiché vanno di pari passo. Il rosso l’ho usato anche in alcune forme che io non considero speranze (come suggerito dal testo) ma sublimazioni (cioè passioni incanalate altrove). Il viola (che non si distingue granché dal blu a cui sono ricorso) rappresenta le forme a cui anch’io attribuisco il valore di speranza: speranze diverse a cui il verde non appartiene più. Il blu indica la dimensione terrestre, il cerchio rosso quello della passione che separa le spirali da ciò che invece compone speranze autentiche, di cui forse non ho neanche contezza, e difatti il cerchio esterno è viola come le forme anzidette.
Sto cominciando ad avvertire la necessità di tornare il più indietro possibile a tutto quanto v’è d’archetipico. Sono alla ricerca di un passato che non si trova sui libri di storia: intanto vivo.

Francesco

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