Ho assunto una certa noncuranza verso il parossismo settembrino, tuttavia non so ancora se si tratti di uno sviluppo positivo o controproducente: confido nell’insindacabile giudizio del tempo. Ho esasperato all’inverosimile i miei moti interiori e può darsi che in questo modo sia riuscito a prevenirne le conseguenze più nefaste, ma tale manovra mi è costata un po’ di serenità .
Due sere fa ho avuto un momento di profondo sconforto, perciò mi sono seduto sul letto, ho chiuso gli occhi e ho cercato di sgombrare la mente da qualsiasi pensiero: se ora fossi incauto o superficiale alluderei alla meditazione. In realtà non sono riuscito a fare altro che ad assistere ai rapidi, intensi e acrobatici avvicendamenti del mio stato d’animo, come se mi fossi ritrovato in una tribuna d’onore per guardare uno spettacolo che invero avrei dovuto allestire e dirigere io. Tutto passa, nulla permane: me lo ripeto a mo’ di mantra. Ricerco nuove vie per migliorarmi, ma adesso è il bisogno che mi spinge all’impresa e non sono più mosso da una semplice curiosità . Devo ritrovare la forza sopita che giace da qualche parte nei miei recessi, ma ho pochi rimasugli di sublimazione, un manipolo di sane abitudini del tutto inveterate, ed è come se fossi a capo di un’armata Brancaleone. A tratti mi rivedo anche in Don Chisciotte, però invece di combattere contro i mulini a vento mi sembra di fronteggiare delle pale eoliche sotto delle nuvole bianche. Non temo pericoli dall’esterno perché i nemici sono dentro di me. Quasi mi alletta questa nuova sfida e mi compiaccio di come la mia inclinazione a vivere si affermi su ogni altra forza contraria. Sono periodi del genere che mi dà nno la misura della mia salute psicofisica e non oso neanche immaginare cosa sarebbe delle mia vita (o cosa ne resterebbe) se avessi una predisposizione organica alla depressione o se tradissi la mia lucidità con i princìpi attivi dell’autolesionismo.
È normale che talora la tristezza e la disillusione mi attraversino, tuttavia ne riconosco la natura nomade poiché in me non sono mai stanziali. Posso accompagnare il cambiamento o subirne la portata, ma è adesso che devo mettere in pratica tutto quello che ho imparato nell’età dell’oro della sublimazione; per me era facile, troppo facile restare sugli allori mentre mi sovrapponevo alle mancanze affettive grazie a quella straordinaria condizione. Io non so se qualcosa succeda per caso o se il destino dei mortali passi davvero dalle mani delle Parche, però oggi non cerco rassicurazioni né conforto. Vorrei stringere una santa alleanza, assecondare le mie intuizioni più profonde e vivere in mezzo all’ironia, ai silenzi complici e alla certezza crescente che qualcosa mi sfugge in forza della sua natura ineffabile. Intanto giro ancora.
Parole chiave: catabasi, nekyia, nuvole bianche