Quasi per caso, dopo mesi di scarso interesse per la lettura, ho ripreso in mano un libricino del dottor Freud che io considero fondamentale e, invece di qualche petalo ingiallito, ci ho ritrovato la tentazione di scrivere. Voglio aspettare un paio di giorni per capire se si tratti davvero di un ritorno di fiamma o se non sia nient’altro che un fuoco fatuo, forse principiato dalla scintilla di un’identificazione estemporanea.
Le pagine freudiane a cui mi riferisco sono quelle de “Il disagio della civiltà”, diretta emanazione di un altro testo che nemmeno menziono perché non ho lettori né lettrici ai quali rendere conto. Oltre che su queste pagine, la mia scrittura ha subìto un lungo arresto in tutte le forme, perciò d’ora in avanti intendo riprendere con una certa regolarità la stesura di due libri ancora acerbi. Vorrei finire le parole, gli argomenti, anche i pensieri, tuttavia non la vita. Senza l’intervento di una drammatica afasia, non mi dispiacerebbe se qualcosa nient’affatto funesto mi dispensasse dal linguaggio, però non confido mai nei miracoli e ancor meno nella mia capacità di compierne.
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