Negli ultimi otto mesi ho raccolto i frutti degli ultimi anni, ma avrei preferito allungare una mano verso l’Albero della Conoscenza invece di preparare la merenda al mio narcisismo.
Non conferisco grande importanza alle piccole soddisfazioni che mi sono tolto, bensì celebro la forza interiore che mi ha spinto verso quelle caduche gratificazioni. Nei miei pensieri mi rapporto spesso alla morte perché tento di prepararmici e in questo modo ne pacifico l’idea, però la mia esistenza non ha sfumature funeree e rigetto la visione della fine che mi è stata consegnata dalla cultura in cui sono cresciuto. Per me, in quanto ateo, le promesse ultraterrene valgono come le pubblicità cartacee che congestionano le cassette postali. L’unica forma d’amore che conosco è l’amor proprio. Le mie priorità non riguardano ciò che allontana l’idea della morte né tanto meno quanto tenta di avvicinarla più del possibile, ma per spiegarmi meglio dovrei aprire un capitolo e riempirlo di parole che non ho alcuna voglia di spendere. Non nego invece quanto ancor oggi pesi in me l’assenza femminile, tuttavia non sono certo di meritare il rapporto che bramo e così proseguo il mio esodo in un deserto affettivo dove non c’è traccia d’acqua né di rassegnazione. Chissà, un domani, dietro una duna, all’improvviso un’epifania muliebre…
Attraverso un periodo sereno e la vita mi arride, ma so che il futuro potrà essere peggiore o migliore del presente e dunque non mi rifugio nell’illusione dell’immutabilità che tanta fortuna riscuote presso i pusillanimi. Se avessi voglia di circonlocuzioni mi domanderei come si possa spiegare l’attesa (spesso e giustamente vana) a chi non sa attendere. Ho la sensazione che il piacere di scrivere mi stia riconquistando, ma chiederò l’onore delle armi soltanto se riuscirò a superare una prova che ho in calendario: tra meno di un mese avrò la risposta e sarò io stesso a fornirmela, ancora una volta; l’ennesima. Per aspera ad astra.