Domani compirò ventinove anni e potrei approfittarne per lanciarmi in un volo pindarico sulla mia vita, però qualcosa è cambiato in me. Si è verificata la catarsi che avevo previsto qualora fossi riuscito a correre per cento chilometri. Non mi rivedo più in alcune cose che ho scritto su queste pagine e ormai mi sento lontanissimo da tante altre che ho letto nel corso di questi ultimi anni. Ho perduto la vena esistenzialistica e anche il gusto per le provocazioni sagaci. È come se lungo la strada avessi sparpagliato migliaia di pagine, milioni di parole: una liberazione. Non so né se né quando ritroverò la necessità o il piacere di scrivere.
Devo ancora dare il primo bacio e la notte continuo ad addormentarmi da solo, però mi risveglio bene perché ho rispolverato degli ottimi motivi per farlo. Mi sono procurato quello che Gurdjieff forse definirebbe shock addizionale e trovo buffo che un individuo come me citi costui. Anche se in maniera figurata, non mi resta che imitare Emilio Salgari, benché io non ne abbia il talento né tanto meno voglia emularne la fine: spezzo la penna. Non è del verbo che ho bisogno, bensì è nell’azione e attraverso il linguaggio del corpo che io posso diventare ciò che sono: Nietzsche (o Zarathustra per lui) e Jung me lo hanno suggerito ben prima che potessi comprenderlo davvero.
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