Sono vivo, ma l’onere della prova non spetta a me. Ho la mente sgombra e nel mio cerebro non circolano inquietudini. Vorrei vivere in un mondo migliore, però non tengo mai un’utopia in tasca. Quest’epoca decadente non conoscerà una discesa infinita, ma forse riprenderà quota quando i limiti biologici mi avranno già condotto in punta di piedi sull’orlo di quel precipizio da cui ognuno è destinato ad affacciarsi. La ciclicità mi rincuora oltremodo e all’orizzonte non scorgo una fine imminente, ma può darsi che questa mi sia perpendicolare. Non ho nulla da obiettare agli eventi che cadenzano la mia vita interiore: ne accompagno le oscillazioni senza offendere la volontà. Ho del tempo a disposizione che cerco d’impiegare nel migliore dei modi per stare bene e per sviluppare la mia persona senza nuocere alle altre creature viventi, anch’esse dotate di respiro. In questa fase della mia vita non ho tensioni né ambizioni, e invero dentro di me non sono mai state particolarmente intense né le une né le altre, tuttavia non escludo che entrambe possano ripresentarsi a braccetto e senza preavviso. Non ho colpe da espiare né meriti da sventolare come se fossero bandiere bianche. Mi trovo in una neutralità confortante mentre attorno a me sembra che ogni cosa crolli o imputridisca. E passeggio tra rovine e tessuti necrotici, tra bellezze mitologiche che sono rese tali dalla distanza, tra ciò che fu e che non sarà mai, da ciò che non è stato e sarà; circa.
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