Qualche giorno fa sono passato vicino ad una chiesa e ho notato due bambini che giocavano a calcio. Per un momento ho dimenticato il sogno ricorrente che carezzo quando mi trovo vicino ad un edificio ecclesiastico, ovvero quello in cui i carri armati si accomodano in piazza San Pietro, e di conseguenza ho potuto ascoltare le ciarle dei marmocchi.
Ad un certo punto il rigorista ha sfidato il portiere a scommettere sulla sua realizzazione e ha detto qualcosa del genere: “Scommetto tutti i numeri del mondo, scommetto tutto l’infinito più uno”. Mi sono rivisto in quei bambini, infatti anch’io quando avevo la loro età giocavo allo stesso modo e dicevo cose simili. In queste iperboli ho ravvisato l’incubazione di un esistenzialismo che avrà tutto il tempo per corrodere o espandere il futuro Io del moccioso suddetto. L’infinito è una ciliegia metafisica che tira un tema dietro l’altro. Non di rado l’infanzia trabocca di spontaneità e credo che talvolta le domande o le esternazioni ingenue dei bambini siano rivelatrici in quanto dànno modo a certi adulti di ricordare l’origine degli interrogativi più intimi e remoti.
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