Ne scrivo di rado, però continuo a studiare il giapponese da autodidatta. Ho imparato dei nuovi ideogrammi e qualche altra nozione della grammatica, ma non ho notato grandi miglioramenti nella comprensione della lingua parlata. Fatico parecchio a distinguere le parole in un contesto che non sia quello di un video didattico e in particolare non riesco a riconoscere le particelle.
Mi sono concentrato sulla scrittura e ho trascurato sia la lettura che la conversazione, tuttavia in questi anni il mio studio è stato incostante e non ho ragione di credere che possa cambiare. Se almeno vedessi gli anime o leggessi i manga potrei essere più motivato a dare una maggiore regolarità all’interesse per la lingua, però non sono mai riuscito ad appassionarmene in quanto trovo entrambi piuttosto noiosi. Ogni tanto sorge in me la brama d’approfondire la conoscenza dell’idioma nipponico, ma spesso l’entusiasmo finisce per ridursi ad un esercizio mnemonico che potrebbe essere un’appendice de La Settimana Enigmistica. In molte cose arrivo ad un punto in cui dovrei prendere lo slancio per tuffarmici, ma puntualmente mi fermo sul trampolino al fine di spararmi una bella sega. In ogni caso lo studio non rappresenta mai del tempo perso, o almeno mi piace pensare che sia davvero così. Alleno la mente per non farle frequentare pensieri poco raccomandabili: il mio è nient’altro che un piano di recupero.
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