Mi trovo in dirittura d’arrivo con il mio quinto libro. Il saggio sarà più breve del previsto, infatti ho deciso di accorciarlo per non annacquarne né i contenuti né lo stile. In tutti questi anni ho depauperato la mia fantasia e ora attendo che emozioni piovane mi riempiano senza affogarmi. Non ho in cantiere altri testi e non m’illudo di pubblicare alcunché, ma provvederò ancora una volta a spedire la mia opera alla gentile attenzione dei cestini altrui. Se avessi avuto talento mi sarei già fatto strada nel mondo dell’editoria. Conosco i miei limiti e sono felice di chiudere i conti con le lunghe stesure. Dai libri che ho vergato io ho tratto molto materiale per l’autoanalisi e sarebbe stato un colpaccio se si fossero rivelati altrettanto validi al di fuori di tale indagine.
Per quanto possibile evito di identificarmi in quello che faccio e quest’inclinazione mi dà modo di mantenere un distacco salutare da molte cose, ma forse è anche la ragione per la quale io non eccello in nulla. Non sono ambizioso: tiro a freccette mentre Cupido mi sfiora con le sue e siamo tutti contenti o quasi. Ora che riaprono le scuole io invece mi sento prossimo all’ultimo giorno di lezione e sono felice di essere giunto al punto di non avere più nulla che richieda l’organicità di un libro. Non pongo l’accento sulla qualità dei miei scritti, bensì sulla quantità. In futuro potrei redigere qualcos’altro solo dietro un’improbabile remunerazione, infatti senza altra spinta non potrei che essere invogliato da promesse venali: ciò comunque rientra nel campo dell’utopia.
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