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Fragilità e comari

Mi ha colpito la conferenza stampa di Alex Schwazer. Qualcuno non accetta che anche un atleta olimpionico sia un essere umano. Per me un dopato merita la squalifica a vita e questa è anche l’opinione dell’altoatesino, però la crocefissione andrebbe riservata ad altri personaggi, rei di colpe ben più gravi. È nell’ordine delle cose che lui si prenda insulti da ogni dove, ma quelle dita che lo indicano con riprovazione io credo che non siano sempre mosse dallo sdegno quanto invece dal gusto di ficcarle nelle piaghe. I campioni sono invidiati perché hanno talento, denaro e bellezza, perciò quando commettono un passo falso, o persino fatale, allora ogni detentore di un complesso d’inferiorità può vantare un credito al cospetto delle proprie frustrazioni.
Non credo che lo sport sia mai stato del tutto pulito, ma lo considero l’attività più meritocratica che esista e se fossi più giovane cercherei di praticarlo a livello agonistico. La spiegazione data da Schwazer, rotta a tratti da pianti che ho percepito più liberatori che disperati, mi è sembrata a metà strada tra quella che avrebbe potuto dare un personaggio di Dostoevskij in una cornice kafkiana. Ennio Flaiano sosteneva che gli italiani corrono sempre in soccorso dei vincitori e io non posso che sottoscrivere questa boutade. Reputo limitato qualcuno che al cospetto di una vicenda simile si contenti d’esternare il proprio biasimo. Il travaglio di un uomo è un ottimo promemoria per sé stessi o può diventare addirittura un’occasione d’apprendimento, ma è pura epifania quando non è filtrato dall’arte né edulcorato dalla vergogna del protagonista o da altri fattori. Forse certe persone vogliono delle figure impeccabili che siano ciò che loro non potranno mai essere, d’altronde una identificazione così infantile avviene anche in altri campi. Non sono abilitato a provare delusioni di questo genere perché credo che ogni individuo sia imperfetto per definizione, perciò non mi creo idoli paradigmatici dato che già ne martello altri, millenari. Auguro ad Alex Schwazer una vita serena.

Francesco

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