Corro, nuoto in acque cristalline e mi cucino pasti abbondanti. La sera mi piacerebbe mettermi a sedere su un asteroide per scrutare in lontananza qualche esplosione stellare, ma per adesso devo accontentarmi di girare col finestrino abbassato lungo vie in cui, tutt’al più, può collassare qualche debosciato in prossimità del coma etilico.
Non bevo alcolici e di conseguenza non alzo il gomito, ma sollevo la mano per salutare i giorni venturi. Guardo con divertimento e con scanzonata partecipazione le isterie di massa che fanno leva sul campanilismo, ma non ho un inno da cantare né una scommessa piazzata che mi faccia rodere il fegato per il tifo, quello sportivo, ovviamente. Baratto occhiate fugaci con mercantesse di cui ignoro l’identità e le intenzioni, però tutto inizia e finisce nelle collisioni degli sguardi: a me comunque non interessano le constatazioni amichevoli perché non rimborsano il tempo perduto. Avrei molto da sussurrare, d’altronde non ho mai fatto voto di silenzio e non sono tagliato per diventare un monaco cistercense: devo farmene una ragione. Ogni cosa a suo tempo, comprese quelle che un tempo non l’avranno mai. Adoro oltremodo questi periodi di serenità ed evito che distrazioni secondarie mi strappino a quelle primarie, paradisiache: mie proprie. Ateo e felice, io.
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