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Sincerità discutibile

Anzitutto un caro saluto agli amici della DIGOS qualora dovessero capitare su queste paginette. Dinanzi a certe notizie ho delle reazioni spontanee che non censuro, perciò mi vedo costretto a mostrare apprezzamento per la prospettiva di un revival degli anni di piombo.
Lo Stato uccide per interposta imposta e una lotta armata mi pare il minimo che degli estremisti possano fare per veicolare un’insofferenza diffusa. Non vivo in una situazione di disagio né mi sento vicino a gruppi eversivi, ma cerco d’interpretare il malessere e l’impotenza che negano il sonno a molte persone. Una volta saltato il contratto sociale credo che tutto sia permesso: ogni cosa. La legge non è sempre giusta né efficace e talvolta delinea un confine da sorpassare per sopperire alle sue mancanze. Nessuno può pretendere che masse di esseri umani soffrano per delle idee, per quanto nobili siano, senza che vi siano reazioni. La democrazia non funziona? Prego, migliorarla o sovvertirla. Qualcuno stigmatizza la violenza per la paura più o meno conscia di dovercisi confrontare senza avere un’istituzione che lo difenda, insomma tutt’altro che un’onesta e lodevole ripugnanza nei confronti di una delle più antiche compagne del genere umano. Tanti monumenti del cazzo sono costati la morte a persone schiavizzate e oggi colmano il senso artistico dei turisti, però poco importa poiché la distanza temporale rende tollerabili quei sacrifici inutili. La violenza è ovunque e spesso investe persone innocenti, perciò se l’umanità non riesce a disfarsene allora è meglio che la convogli verso la parte di sé più abietta. Se alcuni individui fossero stati uccisi in tempo molti altri non avrebbero dovuto pagarne le decisioni scellerate. Purtroppo uno sterminio lucido e mirato è difficile, difatti, come sottolineo sempre in appunti del genere, l’errore imperdonabile delle Brigate Rosse (e di organizzazioni analoghe) è stato quello di coinvolgere degli innocenti. Chi decide chi deve morire? Chiunque metta in gioco la sua libertà e la sua vita per inseguire un obiettivo apparentemente utopico: la medesima discrezionalità che appartiene a quanti invece sono chiamati a legiferare senza l’ausilio dell’empatia.
Apologia di reato? E sia, ma questo è ciò che penso senza cavalcare alcuna onda emotiva né tanto meno ideali che non mi appartengono. La scuola e associazioni “educative” provano a trasmettere valori di legalità così vaghi che sembrano favole sussurrate, ma credo che la loro opera sarebbe decisamente più meritoria se consistesse nell’insegnamento dello smontaggio e della rimontatura di una pistola. Provocazione? Anche, ma prima voglio udirne il rinculo. Non importa quanto siano deliranti o lucidi certi documenti: per me è importante, superato un certo limite, che nessuno si possa sentire intoccabile, in quanto la tracotanza di alcuni deriva proprio dal senso d’impunità che ne affresca le convinzioni.

Francesco

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