Il mondo è fantastico perché è diviso in due parti: in una comandano le armi e nell’altra i capitali che ne permettono la fabbricazione. In questo cazzo di delirio fatto di piombo e indici borsistici la vita umana è messa all’indice, in senso stretto come i cappi che puntualmente vengono tirati fuori per i cambi di stagione. Qualcuno s’illude che basti trasferirsi da qualche altra parte per sfuggire alle logiche di un capitalismo sregolato, alfiere di una tirannide che ha troppi simboli e troppe facce per stagliarsi chiaramente in questi anni crepuscolari; forse un posto al sole lo si può trovare in Corea del Nord, almeno nei giorni in cui il cielo non è ottenebrato dal grigiore. Non sono un sadico e non mi piacciono le lunghe agonie, di conseguenza spero vivamente che tutto il sistema salti in aria al più presto, che il denaro diventi cartastraccia su cui scrivere inni orfici e che nelle banche i sistemi di sicurezza non abbiano più ragione di rimanere in funzione. Non m’interessano le questioni politiche e non me ne frega un cazzo degli scandali di un partito che per anni ha puntato le dita xenofobe contro le facce nere quando invece sono stati i colletti bianchi a incubare la pandemia finanziaria di cui oggi quasi tutti possono sentire l’effetto anale. La legge elettorale può interessare soltanto a degli psicotici: il problema sono le persone, non il modo in cui queste assurgono al potere.
In una cornice così funebre, dei miei conoscenti disquisiscono di questioni sportive, forse per evadere dalla realtà o forse per pochezza inveterata, tuttavia mi tengo a debita distanza da gente di tal fatta perché non voglio udirne le diatribe da emittente regionale né tanto meno le immedesimazioni da telecronisti. Non scado affatto nella retorica delle priorità, bensì manifesto un’aperta insofferenza nei confronti delle cazzate che vengono spacciate per questioni di Stato. Da quant’è attuale “Panem et circenses” potrebbe essere un singolo di Lady Gaga: ho ragione di credere che in futuro per me sarà difficile compiere un accostamento altrettanto aberrante. Sogno un taglio quasi completo della spesa pubblica, la dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato per una cifra pari al debito sovrano e l’insorgenza di condizioni tali che palesino la convenienza ad abbandonare la moneta unica: ah, il fascino oversize delle utopie! La storia non serve a nulla: tanto vale impiegare quelle ore di lezione per portare gli alunni all’aperto, almeno in primavera. Che il Sole anticipi l’abbrustolimento di questo pianetino. Tutto si ripete, sempre.
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