Stamane il vento spira forte, però non si trascina dietro il gelo: forse non sono la persona più indicata per valutare la temperatura esterna. Anche quest’anno non mi sono ammalato; non ho avuto una linea di febbre né un raffreddore: solo degli sporadici starnuti. Odio portare addosso più di quanto serva ed è per questa ragione che mi svesto al cospetto dell’inverno come ai piedi dell’introspezione. Ho in custodia delle sensazioni gradevoli, ma nulla di trascendentale.
Sorseggio del ginseng e penso a Ipazia ora che le mie parole non possono più raggiungerla né ferirla. Sono stato profondamente scortese nei suoi confronti, spesso scostante e non ho mai saputo avvicinarla come invece avrei dovuto, ma pago per i miei sbagli e alzo la tazza in loro onore: ad maiora. In lei avevo intuito le potenzialità di un Io ancora acerbo, un complice ideale. Mi viene da ridere perché se avessi avuto più tatto forse le cose sarebbero andate in maniera diversa, ma evidentemente non conosco mezze misure: a qualcun altro il compito di ghermirla. Coltivo idee per anni e ogni volta ne restano nient’altro che erbacce: non ho il pollice verde e di sicuro è un altro il dito con il quale devo toccare il cielo. Non riesco a fare il passo decisivo oltre il mondo platonico, eppure non sono un idealista. Ogni individuo ha qualche nome a cui legare i propri ricordi, però io lascio tutto a briglia sciolta perché non amo le idee fisse e grazie a degli sventurati ho compreso quanto queste siano pericolose.