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Mors tua vita mea

Io non scorgo nulla di nuovo nei problemi del mondo contemporaneo. L’esistenza è spiraliforme. Non c’è una singola notizia che mi sorprenda: ogni evento è la ripetizione di qualcosa che è già successo. La società è una cassa di risonanza del passato, perciò sarei insincero se mi stupissi per delle dinamiche arcinote. Seguo la cronaca, ma cerco di non commentarla, almeno su queste pagine. Lotto strenuamente per non farmi influenzare dal clima che allestiscono i media benché io non ne stigmatizzi troppo l’operato. Trovo che quest’epoca sia ancora primitiva e guardo con diffidenza chiunque predichi la nonviolenza, ma riservo lo stesso atteggiamento ai guerrafondai. Nel corso degli anni ho analizzato il mio modo di recepire certi avvenimenti e così ho imparato a non formulare delle opinioni sull’onda emotiva. Mi sono un po’ spaventato quando ho capito che non esiterei un momento a giustiziare alcuni criminali a sangue freddo, con uno sparo alla testa. Più volte mi sono immaginato con una pistola in mano e un colpevole genuflesso. Suppongo che scene del genere scaturiscano dal mio Super-Io e che compensino parzialmente la mancanza di una figura paterna. Al di là dell’analisi introspettiva, io non sono mai stato in grado di ravvisare qualcosa di sbagliato nel concetto di occhio per occhio e ancor oggi quest’ultimo mi sembra del tutto naturale. Forse un’altra violenza che l’uomo compie nei confronti di sé consiste nel negarla a chi se ne renda autore per primo. La pietà è un concetto pericoloso e applicato male, cristiano nel senso peggiore del termine e lassista, ma non la penserei allo stesso modo se mi trovassi a vivere in un’epoca davvero illuminata. La mia ragione si adegua ai tempi e non tenta di forzarne le chiusure poiché in circostanze del genere non c’è scasso che tenga.

Francesco

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