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Precipizio giulivo

All’inizio della scorsa primavera mi recai alla Torre di Capo d’Uomo, sul Monte Argentario. Là mi beai di un panorama che già altre volte avevo abbracciato con lo sguardo, ma in quell’occasione mi sfidai a raggiungere una sporgenza rocciosa che dalla base della torre aggetta sul mare. Timoroso e cauto mi spinsi fin dove il coraggio mi permise di farlo, ovvero a pochi centimetri dal vuoto, così pochi che questo m’invitò ad accomodarmi nel suo dominio. Provai un grande brivido che ancor oggi, in una certa misura, m’è dato sperimentare dal solo ricordo. Paura e tentazione s’insinuarono in me, però entrambe furono spazzate via dall’acume; da quella fiammella che mi arde dentro e di cui non riuscirei a causare lo spegnimento neanche se ci soffiassi sopra con tutta la stupidità in mio possesso. Quando ritornai alla torre fui soddisfatto. Mi sentii ancora più vivo benché non avessi corso un vero pericolo. Non fu l’adrenalina ad appagarmi, ma qualcosa di più profondo da cui ancor oggi io mi sento mosso: forse si tratta semplicemente d’indole. Quest’anno non mi cimenterò in un’escursione che qualcuno potrebbe attribuire alla gita di un aspirante suicida: mi limiterò a riderne.
In vicende bizzarre come questa o nei miei allenamenti fisici nutro sempre la convinzione di uscirne tutto intero, altresì, a torto o a ragione, non intraprenderei certe sfide personali. Se mi guardassi da fuori in alcuni casi potrei considerarmi un incosciente, ma proprio perché ho una certa confidenza con me stesso posso assicurare con calma olimpica di non andare mai al di là delle mie corde. L’errore può esserci sempre, un cedimento dell’organismo può colpire ogni individuo, ma non metto mai volontariamente a repentaglio la mia incolumità. Lo ripeto spesso e lo ripeterò sempre più forte: io mi amo. Mancanze di un certo ordine m’impongono di stuzzicare la morte a distanza di sicurezza, un po’ come i bambini che se la prendono con le vecchie pazze e stanno attenti a non mettersi nella gittata delle loro scope. Sul mio viso c’è un sorriso conscio e non sarà certo l’ultimo. Malgrado la burocrazia calendaristica già mi stringo forte la primavera.

Francesco

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