Sono riuscito a conseguire uno dei due risultati personali che mi ero imposto di ottenere entro i primi di marzo: il completamento del quarto libro. Lo scritto in questione è stato partorito tra il primo di dicembre e metà febbraio; conta oltre duecentomila caratteri ed è un romanzo, l’ultimo, quello che non avrei mai voluto scrivere. Per me è stato un atto catartico, un grande boato che mi auguro abbia accompagnato la mia separazione definitiva dalla narrativa per consentirmi di approdare alla saggistica. In realtà non sono affatto certo di volermi cimentare nella stesura di un quinto testo, ma attualmente non escludo nulla.
Per adesso “Nuovo nichilismo solidale” resterà nel mio cassetto, stampato in poche copie che non potrebbero acquisire valore neanche se io morissi in una maniera consona all’innalzamento dell’auditel di un telegiornale. Quest’ultimo libro è più vicino a “Né d’incesto né d’amore” che a “L’atea verginità, la beata verginità”, ma non c’entra nulla l’ordine cronologico.
A maggio dovrei ottenere eventuali risposte per il mio terzo libro, però non mi aspetto nulla e credo che anch’esso sia da qualche parte (forse nessuna) ad attendermi. Non so quando e se sottoporrò a qualche casa editrice il successore dello scritto che al momento si trova in giro per l’Italia, in graziosi cestini, ora di plastica, ora di metallo. L’importante è ch’io abbia chiuso i conti con un certo modo di scrivere e di ciò mi sento immensamente gratificato.
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