La mia psiche fatica. Sono ancora pervaso dalle lacerazioni affettive e tento di arginarle con un immobilismo temporaneo del pensiero. Potrei ripararmi in questioni più grandi di quelle che mi riguardano direttamente, però un espediente del genere mi consentirebbe soltanto di ritardare l’ennesimo confronto con le mancanze in me cronicizzatesi.
Sono dilaniato da un’arma a doppio taglio. Ho la piena consapevolezza di miei pregi quanto dei miei limiti, ma non riesco a trovare uno sbocco per i primi e i secondi non sono abbastanza forti da smemorarmi. In altre parole è come se fossi continuamente sottoposto ad un’operazione a cuore aperto senza anestesia in quanto la mia lucidità non si fa mai da parte. Di natura e forse per vissuto ho una sensibilità accentuata, ma questa mi ucciderebbe se non avessi un certo controllo su me stesso. Non mi manca la volontà di fare il passo decisivo, tuttavia non trovo un terreno su cui compierlo e per questa ragione mi tengo in equilibrio su una gamba sola. Le lotte interiori di cui sono protagonista non hanno nulla d’originale, ma posso imprimere univocità sul modo d’affrontarle. Devo vincermi, nel senso attivo e passivo che può avere tale espressione. Non ho i postumi di una crisi adolescenziale né anticipo quella di mezz’età: solo lungimiranza.
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