In parte ritengo che il crollo del mio umore sia da imputare a processi biochimici: ultimamente corro meno e di conseguenza secerno una quantità inferiore di endorfine rispetto allo standard degli ultimi sei anni. La mancanza del sostegno naturale di cui sopra permette alla mia aridità emotiva d’inasprirsi e ne rende più difficoltoso il contenimento.
In questo periodo prediligo un allenamento di tipo anaerobico, perciò utilizzo pesi ed eseguo esercizi a corpo libero che mi giovano moltissimo senza sfiancarmi quanto la mezza maratona o i dodici chilometri di mantenimento durante i quali spingo quasi al massimo delle mie possibilità . In altre parole è come se lo stress fisico allontanasse quello psichico e viceversa. Per parecchio tempo le due entità hanno convissuto in me, ma credo che i cambiamenti della sublimazione ne debbano ancora ridefinire i rapporti. Ho bisogno d’amore come ogni altra persona, tuttavia non disponendone m’avvalgo di buoni surrogati per mantenere la coesione dell’Io. La mia situazione attuale può essere paragonata ad una crisi petrolifera, però confido di risolverla presto e bene. In casi del genere alcune persone possono arginare i sintomi con palliativi a cui io non intendo ricorrere: confidenze con un amico, aumento di zuccheri nel sangue, tabagismo, alcolismo o qualsiasi altra assunzione di droga, crisi mistiche, revanscismo, abbuffate, ricorso al meretricio e vandalismo, solo per citare alcune tra le tante banalità che qualcuno invece spaccia per grandi trasgressioni. Io ho soltanto l’introspezione e me tesso per attenuare il vuoto emotivo, ma non me ne lamento in quanto è ben più dello stretto necessario e difatti mi reputo molto fortunato.
Parole chiave: psicoeconomia