Sono molte le domande che potrebbero vorticare in questi giorni, ma io non intendo dare asilo a nessuna di loro né agli assilli che ne costituiscono gli arti prensili. Talvolta, per orientarmi, i punti cardinali mi sembrano del tutto inutili, però io non pretendo di conoscere sempre la direzione giusta. Mi perdo nel vuoto, ma quest’ultimo è il mio eremo d’oro; un rifugio desertico, il piano da inclinare per osservarne altri, l’oasi ove accendere fuochi fatui dei quali non restano mai tracce neppure nelle notti che si avvicendano senza posa, ignare l’una dell’altra.
Non ho meriti particolari e l’unico degno di nota consiste nella facoltà di sottolinearne l’assenza con calma olimpica. A differenza di chi ne fa vanto o croce, io non posseggo ferite lacerocontuse sul cuore, ma solo un po’ di polvere che m’auguro non venga spazzata via da un soffio cardiaco. Ai bivi non bivacco e saluto chiunque s’affretti a imboccare una via mentre parte del sé muore di inedia. Assecondo la mia buona stella benché io non creda affatto nell’astrologia e la consideri adatta come oggetto di scherno. Cos’altro ha da offrirmi il tempo che non presenti quelle forme di cui nessuna malattia neurodegenerativa ha ancora privato la mia memoria? Foss’anche una continua ripetizione, io accolgo a braccia aperte l’esperienza di quest’esistenza e mi rammarico un po’ se non riesco a sfuggire alla retorica per declamare la mia disponibilità a fruire della vita.
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