Provo una stanchezza salutare e intendo passare a letto una buona parte dei prossimi giorni per lasciare scorrere ogni cosa sotto il ponte festivo. In momenti del genere sono assai felice di potermi avvalere della calma e del silenzio col beneplacito della solitudine. Talora non intravedo elisir migliore di un sonno profondo. Dormirei per settimane se ne fossi capace, ma il letargo è riservato ad altri animali e la natura non mi ha fornito neanche una lieve forma di narcolessia. Riposo bene, ma da alcuni mesi fatico a ricordare le esperienze oniriche. C’è un sogno ricorrente le cui immagini riaffiorano in me di tanto in tanto, ma lo considero un telegramma dell’inconscio a causa del suo contenuto. C’è sempre una figura femminile che non ha nome né volto, come se fosse un’ombra slanciata o una sagoma diafana. Questa entità muliebre scuote il capo a mo’ di rimprovero, ma io mi limito a guardarla senza compiere movimento alcuno.
L’inconscio mi chiede chiaramente di colmare le mancanze affettive, un po’ come l’Europa chiede all’Italia di adottare determinate misure per la crescita: rischio di essere insolvente nei confronti di me stesso. Capisco perfettamente le richieste che si trovano sotto la soglia della coscienza (e come potrei non comprenderle dato che mi sono intrinseche?), ma per estinguere il debito verso una parte di me dovrei prima contrarne uno d’ossigeno alla vista d’una controparte. Chissà, un giorno potrebbe succedere, ma per adesso chiedo una proroga e mi ristoro senza inquietudini.
Chiarimenti non strettamente necessari
Pubblicato giovedì 27 Ottobre 2011 alle 22:09 da FrancescoL’epoca corrente mi costringe spesso a chiudere i rubinetti dell’empatia. Se mi lasciassi distrarre dalle disgrazie del mondo finirei per farne parte senza risolvere alcunché, ma seguo le tragedie da lontano perché se le ignorassi ne provocherei una a me stesso attraverso un uso improprio dell’indifferenza. Mi sforzo di conciliare il distacco emotivo con l’impegno di non perdere la mia umanità, ma talvolta mi sento un acrobata morale e lascio dietro di me contraddizioni apparenti che in realtà confermano la buona riuscita degli intenti suddetti.
La brutalità per me è un liquame cancerogeno che vìola le leggi fisiche oltre a quelle d’una certa etica, difatti cola e si arrampica lungo le pareti della piramide sociale. Io non credo affatto che le ingiustizie cadano esclusivamente dall’alto come manna avvelenata, bensì le noto a diversi livelli mentre saltano e rimbalzano: le imposizioni burocratiche che non di rado si fanno vessazioni, le pretese economiche che viaggiano ad una velocità diversa da quella della realtà, le paure di chi non possiede i mezzi intellettuali per scacciarle e finisce nelle spire delle circonvenzioni, coloro che sono rei d’essere nati ad una latitudine fatale in cui la speranza di vita è la prima a morire, i cuori ingenui devastati dal gusto del potere narcisistico di coloro a cui si sono votati e tant’altro ch’è difficile scrivere senza scadere in una retorica assordante e stucchevole, ovvero la complice peggiore della sofferenza inutile che inquina la razza umana. Il cinismo di cui mi avvalgo non è il vezzo di uno stronzo, ma lo strumento per tollerare la follia democratica che partorisce despoti e regni invisibili, altresì il narcisismo che si trova in me non scaturisce dalla voglia di prevaricare né dal desiderio di differenziarmi, bensì è anch’esso un mezzo tramite cui riesco a tollerare una mancanza d’amore che guadagna tempo di giorno in giorno e il cui giogo riesco a contenere con la sublimazione. Se mi vedessi da fuori, senza conoscermi, forse mi considererei un reprobo, ma se conoscendomi io mi ritenessi tale allora finirei per guardare il dito invece della luna.
Già da un po’ la mia esistenza è tornata a scorrere a pieno regime sui binari della serenità, però nulla di significativo è mutato nel suo svolgimento. Tendo a ripetermi, ma fortunatamente me ne rendo conto senza dispiacermene. Non c’è nulla nei cieli superni che mi alletti. Per certi versi io vivo al di sotto delle mie possibilità e così posso contare su di un riparo in più per sfuggire alle intemperie. Bufere in arrivo non ne vedo e manco le presagisco.
La morte altrui non mi sconvolge e spero che pure quella del sottoscritto non mi prenda troppo. Non attendo la mia ora né quindici minuti di gloria. Il vantaggio di un cuore vuoto risiede tutto nella possibilità di risparmiare sui drappi neri. La riverenze che spettano al decesso non mi sono proprie, ma questa inclinazione non è il frutto di un comportamento irrispettoso e scaturisce da anni di riflessione sulla finitezza: è paradossale come quest’ultima invece sia inconcludente…
Se dovessi crepare domani non me la prenderei e gradirei una bella cremazione senza panna. Resta valido l’augurio che puntualmente rivolgo a me stesso, ovvero quello di una vita longeva. Forse la masturbazione conta anche come gesto apotropaico e se così fosse la mia buona stella godrebbe (non più di me, eh) di contributi notevoli: gli attributi ci sono tutti.
A me piace vivere, però mi annoiano le nenie. Non sono troppo cinico, ma adoro scherzare e voglio mantenere frequenti le risate fino all’ultimo respiro o giù di lì. Intanto gli anni passano e non vedo per quale motivo frenarne le scorrerie: Signora, so’ ragazzi! Un giorno non lo saranno più; anzi, un giorno non saranno più.
Ho sistemato un po’ di cose su queste paginette: in particolare refusi e collegamenti mancanti. Da alcune settimane mi sono riavvicinato alla lingua nipponica. Ho ripreso a scrivere ideogrammi e per adesso sono riuscito a ricordarne centosessantacinque, però penso di poterne rievocare almeno duecento dalla memoria e mi aspetto di impararne molti altri. Sono contento di ricordare un’ampia parte di ciò che ho studiato, ma dovrei apprendere molto di più per essere in grado di sostenere una conversazione: taluni non ci riescono manco nella loro lingua madre nonostante sappiano parlarla e scriverla…
Al momento non conosco abbastanza ideogrammi per leggere una rivista, però tratto ogni kanji come se fosse il pezzo di una collezione e mi diverto ad ampliare la mia raccolta. Insomma, più che allo studio vero e proprio questo passatempo (che non escludo di abbandonare e riprendere in futuro) è più vicino alla filatelia. Una delle prime parole che ho imparato in giapponese è stata “on-ko-chi-shin”, formata da quattro ideogrammi il cui significato è il seguente: imparare dal passato. Vorrei tornare in Giappone, ma in questo momento non posso e anche se ne avessi la possibilità non partirei poiché non lo reputo affatto un frangente adatto.
Comunque nella scrittura ideografica ho imparato a rispettare l’ordine dei tratti, almeno per i kanji meno complessi. La mia calligrafia (per vedere l’immagine ingrandita è sufficiente cliccarci sopra) è un po’ incerta, ma d’altronde anche in italiano, sia in stampatello che in corsivo, ho sempre lasciato a desiderare. In compenso sono una scheggia con la tastiera.
Accidempoli, chi avrebbe mai immaginato che in questa congiuntura economica e con l’attuale classe politica una manifestazione avrebbe potuto degenerare in violenza? Proprio una grande sorpresa. Credo che la guerriglia urbana non dia frutti e lasci soltanto un retrogusto di diossina. A mio avviso sarebbe preferibile veicolare la furia armata verso il governo e l’opposizione invece di mettere a ferro e fuoco una città, ma taluni si accontentano di una grigliata in centro. I politici fingono di essere sordi, ma forse lo diventeranno davvero a forza di udire le bombe. Io spero seriamente che ogni parlamentare cominci a sentire puzza di bruciato, ma in senso letterale.
Non inseguo le utopie e non pretendo un mondo perfetto. Non sono un filantropo e in primo luogo penso a me stesso senza danneggiare il prossimo, ma proprio in virtù di questa ragione mi auguro fortemente che migliorino le circostanze in cui versa l’Italia: se cominciasse a cadere una parte del paese allora s’innescherebbe un effetto domino e forse i disordini sociali non resterebbero appannaggio delle metropoli o potrebbero esacerbarsi in maniera impensabile.
La politica italiana dovrebbe fare un passo indietro in un burrone e chiedere all’Europa un governo di stranieri che possa gestire la nazione senza farle scontare a caro prezzo i giochi di palazzo. Nessuna formazione politica m’ispira fiducia e mai come oggi il qualunquismo mi pare appropriato. Non mi dispiacerebbe se a qualcuno nelle Forze Armate riuscisse un colpo di stato.
Rettifiche cronometriche e altre note di carattere fisico
Pubblicato venerdì 14 Ottobre 2011 alle 11:12 da FrancescoUn po’ di tempo fa ho creduto d’aver ottenuto il mio tempo personale sui cento metri. Ieri il tizio che mi aveva cronometrato mi ha detto che la distanza su cui ci siamo basati è segnata in modo errato. Benché non sia uno sprinter mi sembrava eccessivo che facessi registrare sedici secondi e mezzo sui cento metri, difatti il tempo che mi è stato dato è erroneo. D’altronde conosco delle persone nettamente più lente di me che riescono a coprire la distanza in quattordici secondi. Mi auguro di potermi cronometrare seriamente sui cento metri poiché sono curioso di conoscere il mio tempo reale. Non m’aspetto nulla di strabiliante, ma quantomeno una prestazione decente.
Sul fondo invece ho avuto una soddisfazione che mi ha gratificato oltremodo benché non sia nulla di epocale. In questo periodo mi sto definendo, perciò evito le mezze maratone e prediligo percorsi più brevi al fine di contenere l’erosione della massa muscolare. Sono riuscito a correre i dieci chilometri in 39’02” con un passo al chilometro di 3’54”. Ho spinto al massimo e non potrei mai sostenere un ritmo del genere per una mezza maratona, però sono stato felice di essere sceso sotto il muro dei quattro minuti. Non sono un fanatico dei tempi, ma ogni tanto ne tengo traccia poiché mi dànno preziose indicazioni sull’efficienza del mio corpo.
Non voglio scrivere più di quanto le sensazioni correnti possano concedermi. Mi trovo a mio agio in questa esistenza benché io non abbia mai presentato istanza per farne parte. L’autunno non si è ancora mostrato in tutta la sua incertezza, ma per quanto mi riguarda le stagioni possono cambiarsi i turni come preferiscono: io vivo in accordo con ciascuna di loro.
Tendo a ripetermi poiché sono soggetto a rari cambiamenti, tuttavia la noia non s’insidia mai in me e cerco di trarre il meglio dal tempo libero anche quand’esso paia soggiogato dall’abitudine Malgrado tutto, ravviso qualcosa di stupefacente lungo le dune cardiache che si trovano a sud della mia ghiandola pineale: là mai passo straniero v’ha lasciato la propria impronta e non so se per me debba essere motivo di vanto o sprone. Un’assenza prolungata può trasformarsi in mito e giustificare se stessa. Non ho bisogno di troppe spiegazioni: che il silenzio prenda la parola e la soffochi. Potrei aggiungere altre frasi, prolisse, slegate dalle precedenti e con delle velleità evocative, ma non intendo divagare quest’oggi e mi congedo prima che altro fuoriesca da me.
Dopo un accurato esame dei miei peli pubici ho preso la decisione di spedire il mio terzo libro ad alcune case editrici. Sugli scaffali delle librerie sono appollaiati svariati testi di scarso valore che accumulano polvere, di conseguenza non vedo per quale ragione non dovrebbe raccoglierne un po’ anche l’ultimo dei miei scritti. Non ho aspettative. Forse s’io fossi nato sessant’anni prima avrei potuto trovare uno sbocco, ma oggigiorno per colpa dell’alfabetizzazione esistono troppe persone in grado di mettere nero su bianco le proprie puttanate.
Mi ero ripromesso di non cercare nuovi contatti con l’editoria, ma ho dato peso alle parole di un individuo che mi ha suggerito di tornare sui miei passi. Ho selezionato dieci indirizzi a cui inviare “Né d’incesto né d’amore”, ma non mi sorprenderei affatto se non ricevessi manco una risposta. Per “L’atea verginità, la beata verginità” ricevetti due rifiuti e un contratto che non ebbe seguito per motivi che ripeterò un’altra volta: ora non ne ho proprio voglia. Uno dei rifiuti mi giunse dall’Adelphi ed era prevedibile, l’altro invece mi arrivò da un piccolo editore che aveva trovato il mio lessico troppo “ricercato”: gli augurai di non trovarsi mai sotto gli occhi Tommaso Landolfi. Preferirei confezionare mine antiuomo per ammazzare l’attesa sepolcrale, ma la mia non è una testa scientifica e purtroppo temo che non sia neanche letteraria: definirla “di cazzo” sarebbe banale e prevedibile, ma talvolta la realtà corrisponde alla più semplice delle definizioni.
Non ho un sogno, però porto dentro di me qualcosa di simile. Vorrei orbitare attorno alla Terra e indossare una tuta spaziale per fluttuare a pochi centigradi dallo zero assoluto. Mi domando a quale punto giungeranno le conquiste spaziali tra un millennio, ammesso che il genere umano non abbia cura d’estinguersi prima con le proprie mani. Mi piacerebbe dare una sbirciatina nel futuro e accetterei senza problemi l’eventuale divieto di portarne memoria nel mio tempo.
Malgrado l’adorazione che nutro per la vita, sono contento che abbia un termine. L’immortalità per me sarebbe una malattia incurabile e sono felice di non averla contratta. Accade spesso che prima di addormentarmi io rifletta sulla mia morte e spero che la mia ora arrivi durante il sonno. Mi auguro spesso di vivere almeno un secolo, però se domattina non facessi più parte di questo mondo io non avrei nulla da recriminare e d’altronde neanche potrei: dovrei ricorrere ai servigi di un medium per veicolare ipotetici reclami e di conseguenza lascerei perdere… Qualcuno della mia età crede d’essere vecchio e forse cerca di convincersene per consolidare le sue delusioni. Io sono di un’altra parrocchia, quella che non ha un dio né croci da portare sulla groppa, perciò mi rendo conto di avere tutta la vita davanti, tuttavia ho già messo in conto la possibilità di non esperire il resto. Oh, a me piacerebbe raggiungere i titoli di coda con somma soddisfazione, ma Thanatos è sempre nascosto da qualche parte e si diverte a tirare brutti scherzi: bricconcello.
In quest’epoca mediocre mi auguro sempre che qualcuno faccia fuoco sui politici. Fiuto un senso d’impunità che va di pari passo con gli eccessi garantistici a cui l’Italia è costretta a piegarsi per problemi di costituzione: l’atrofia del pragmatismo. Io tento disperatamente di non toccare certi argomenti poiché le parole di rado riescono a pesare come il piombo. In una società il proprio benessere passa anche attraverso quello degli altri, perciò ognuno dovrebbe augurarsi che nei luoghi di potere vi siano individui disposti a curare gli interessi del maggior numero possibile di persone. In tutto ciò non occorre scomodare la filantropia o quanto le assomigli perché si tratta dell’ennesima prova di come l’egoismo sano concordi col bene collettivo.
Io tengo il polso della situazione a mio modo e ritengo che qualcosa stia davvero degenerando se anche un individuo come me avverte la necessità d’imbevere parole stomachevoli nel curaro. Non penso che in questo frangente storico qualcuno possa pretendere totale onestà, tuttavia credo che esista sempre un limite di guardia a quelle che sono inevitabili ruberie, negligenze e favoritismi. C’è una sete di sangue che spero prenda forma e lasci sul selciato i corpi esanimi di quanti già si sono resi colpevoli d’aver indotto al suicidio o all’indigenza alcuni tra gli esponenti invisibili delle fasce deboli. L’aumento del divario tra ricchi e poveri, onesti e delinquenti, forse può dare slancio all’edilizia poiché certe case dovranno essere convertite in prigioni d’oro.
Non credo che la violenza proponga soluzioni e d’altronde non è questo che si prefigge, però io immagino che un ricorso ai suoi mezzi efferati in un determinato momento possa evitare che poi in un secondo tempo si manifesti con maggiore crudeltà. Non sono certo un comunista armato né ho mai provato simpatia per i moti rivoluzionari, ma se in Italia sorgesse un’organizzazione terroristica in grado di colpire solo ed esclusivamente i veri assassini dello Stato, ebbene io ne sarei lieto. L’unico e imperdonabile difetto che riscontro nella strategia della tensione è quello di coinvolgere innocenti: se un tale metodo venisse affinato forse qualcuno la smetterebbe di sentirsi intoccabile. Quanto ho appuntato finora può apparire decisamente truculento nonché ripetitivo, provocatorio e inopportuno, ma è proprio la ricorsività di tali contenuti a confermarmi come tutto ciò si origini spontaneamente in me.
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Le parole di cui sopra si prestano anche ad un’analisi introspettiva. Il desiderio di punire quanti contribuiscano all’imbruttimento della nazione è sicuramente legato al mio Super-Io e al modo in cui esso s’è formato. Nella classe politica io rivedo la figura paterna poiché sulla prima entità io proietto le colpe della seconda, di conseguenza, per quanto spontanee, non riesco mai a capire quanto siano sincere le mie prese di posizione (eh, che espressione altisonante!). Peccherei di riduzionismo se mi limitassi a inquadrare tutto nell’ottica di frustrazioni inconsce, perciò penso che in parte le mie invettive abbiano una matrice sincera e in parte vengano acuite da processi interiori che non hanno nulla a che fare con l’attualità e tutt’al più ne fanno un uso speculare senza però palesarsi apertamente.