Ricapitoliamo per i morti e per gli assenti, però è doveroso precisare che i secondi sono come i primi in pectore. Per gli ultimi invece rimando a quel periodico millenario che corrisponde al titolo di “Bibbia”: cartastraccia, oppiaceo riuscito a metà, insomma, una merda!
Dunque, pare che tra gli uomini serpeggino idee strambe. Taluni rincorrono il potere, le troie e il denaro: minchia, altro che triathlon. Io non condanno nulla di tutto ciò, però mi chiedo per quale ragione vengano profuse tante energie per il conseguimento di siffatti traguardi. Se di tutto ciò fosse composta la felicità allora non avrei domande: anzi, io stesso andrei al banco per deporre a favore! Porco di un dio! Il problema è che su questa scala di valori si scivola fino a spaccarsi la zucca. L’egoismo autentico non è quel termine dispregiativo che il volgo usa impropriamente nei discorsi moralistici o nell’ironia di quart’ordine, bensì corrisponde al bene per pura coincidenza. La paura della morte, l’ombra della scure sulle luci della ribalta, la fine dei giorni, nient’altro che il saluto irreversibile: au revoir! Ecco cosa probabilmente induce certuni a confondere la merda con la cioccolata. Purtroppo l’appagamento immediato, la sopraffazione e l’ubbidienza agli istinti sono tutti surrogati di felicità con effetti collaterali di portata devastante: magari mantenessero ciò che promettono, magari! Io stesso allora parteciperei alla gara e indosserei il pettorale fino a macchiarlo di sangue. Poi c’è l’idiota di turno che impara a districarsi in una selva di leggi con l’illusione che ciò possa bastargli per uscir dalla selva oscura dove la dritta via è smarrita…
Non bastano mai le bestemmie, mai! Non me ne frega un cazzo della volpe e dell’uva, anzi che una pioggia di napalm ricopra entrambi, dio cane! Quando parlo cerco di sborrare la verità dalla bocca, quello stesso cavo orale che altri usano per ingoiare i rospi e lo sperma, ma io non voglio differenziarmi a tutti i costi da qualcuno altrimenti finirei per cadere in una trappola come quei cercatori d’identità a cui si deve contestare un’incommensurabile ingenuità.
Oh, le signorine studiose e pudiche: saranno convocate sul monte di Venere (il loro, per altro) al (secondo) fine di ricevere le tavole di pietra e qualcos’altro di più molle… Omaggi di deflorazioni. Io non guadagnerei punti neanche se raggiungessi la vetta del K2 in ciabatte, ma per fortuna mi spingo a quote più elevate senza la pretesa di ricevere ricompense, prebende od onori oltre a ciò che già prevede l’ordinamento cosmico. Oh, che mi si oda bene laggiù: vaffanculo!
Al momento nulla desta stupore in me e null’altro m’insidia. Invito il freddo a farsi avanti mentre scosto i rovi adunchi che fiancheggiano lo splendore plumbeo delle mie giornate. Ho perso molti treni in questa giovane esistenza e ogni tanto qualcuno si premura di ricordarmelo come se me ne importasse qualcosa, ma in simili occasioni viene puntualmente omesso un particolare: tutti quei convogli erano diretti a Buchenwald! Ciuff ciuff!
Mi espando nel vuoto nonostante io sia destinato a diventarne parte come chiunque altro. Sono nel pieno delle forze e ho ancora margini di miglioramento. Le parole stanno a zero, io anche al di sotto di quest’ultimo senza che il sangue mi si geli. Accumulo nozioni per mero collezionismo e sono altre le bisettrici che dividono il mio tempo in egual furore. Ho vari limiti, come tutti d’altra parte, ma ci vado d’accordo come pochi. Cosa dovrei temere? Mi si consegni pure il menù delle sciagure. Le malattie? Gli incidenti? Una coltellata? Il crollo delle certezze? La povertà? La fine di ogni cosa? L’assenza cronica d’una vicendevole intesa? Sempre i soliti piatti al curaro! Diamine! Mi dispiace, ma passo. Vado a letto senza cena: mi manterrò leggero per il resto dell’eternità. Ho provato a riverire la tristezza, però non siamo sintonici e non riesco a spiegarmi lo smodato successo ch’essa raccoglie da quando ne se n’ha traccia. Quieto, per adesso mi congedo: e sia!
Sono favorevole alla pena di morte e credo che l’Europa se ne sia sbarazzata troppo presto, ma non la considero un punto d’arrivo e sarebbe opportuno che su questo pianeta si formassero le condizioni per poterne davvero fare a meno. L’esecuzione di Troy Davis mi ha lasciato perplesso poiché sussistevano ragionevoli dubbi sulla sua colpevolezza. Giustiziare un innocente secondo me mina gravemente l’efficacia della pena capitale come deterrente.
Alcuni sostenitori di questa misura sono chiaramente dei frustrati con tendenze al sadismo che proiettano su circostanze del genere una parte della loro personalità disturbata, però in nazioni come il Giappone (in cui il tasso di criminalità è basso) la pena di morte raccoglie un consenso piuttosto largo che si può constatare anche in Russia. Io non credo granché ai sondaggi che si basano su campioni relativamente piccoli, perciò vorrei che in tutte le nazioni (Italia compresa) vi fosse un voto democratico per scegliere se (re)introdurre o meno la pena di morte, ma sono certo che taluni si scandalizzerebbero oltremodo perché “una questione così delicata non si può affidare al voto popolare”. La parte virgolettata non è affatto una citazione, tuttavia potrebbe rappresentare il pensiero di qualcheduno che sostenga la democrazia fino a quand’essa non si scontri con i suoi principi: una posizione del genere sarebbe un po’ contraddittoria, ma tant’è. Sono un tipo pragmatico e mi piacerebbe trovarmi in un sistema in cui prevalesse l’interesse del maggior numero di persone, però non pretendo che ciò si chiami “democrazia” e al contempo se corrispondesse a tale sostantivo non mi disturberebbe affatto. Un idiota (qualora fosse donna avrebbe l’aggravante dell’apostrofo) potrebbe leggere nelle mie parole la più celebre delle massime machiavellesche, ma sbaglierebbe completamente. Lo ripeto: completamente.
Stanotte mi sono svegliato meglio del solito e ho compiuto lo sbarco sul pavimento con il piede giusto. Preferisco glissare sui fatti di cronaca perché quest’oggi non ho voglia d’infarcire le mie parole con acredine e vituperi, perciò mi limito ad augurare a tutte le alte cariche del governo di trovare sotto i rispettivi scranni delle cariche esplosive in fase di detonazione.
Ho deciso di non partire il prossimo anno sebbene l’exploit al tavolo verde sia scaturito proprio dall’esigenza d’integrare una somma al budget che avevo già stanziato per un viaggio senza attingere dai miei risparmi. Non avverto la necessità di andare da qualche parte e invero sono altri i confini che vorrei superare. L’autunno e l’inverno per me si prospettano particolarmente rigidi e solitari, ma non potrei chiedere di meglio per concentrarmi su me stesso. All’orizzonte io non vedo nulla di nuovo, ma forse neanche lo cerco con gli occhi. Mi muovo sotto l’egida dei pini e in combutta con la volontà. Seguo le orme che lascio, però non le lascio per seguirle: avviene tutto in modo spontaneo. Mi preparo a varcare le porte della nuova stagione senza che in me si trovi qualcosa fuori posto, ma d’altronde io non sono costituito da molte parti e forse qualche pezzo lo devo ancora trovare: proverò da un rigattiere.
Il Sé grandioso (del sottoscritto)
Pubblicato sabato 17 Settembre 2011 alle 07:02 da FrancescoIntendo fornire un’ulteriore lettura a quello che è stato lo sviluppo della mia personalità poiché ho acquisito nuove nozioni per dettagliarlo maggiormente. Ritengo che la mia sublimazione sia stata preceduta da un ritiro pressoché completo di ogni idealizzazione dell’imago parentale, ma ho ragione di credere che tra questi due processi sia intercorso quasi un ventennio.
Ho la sensazione di essermi evoluto a scoppio ritardato, tutto d’un colpo; così, per supplire alla mancanza di un oggetto da idealizzare ho incanalato verso il mio Sé gli investimenti narcisistici per diventare io stesso quell’oggetto mancante: in questa fase si è innescata una sublimazione che fortunatamente non è sfociata in un’autovalutazione eccessiva altrimenti non sarebbe stata tale e mi avrebbe portato verso una condizione psicopatologica.
Nell’attività fisica e nelle sfide che puntualmente, in modo più o meno consapevole, io mi lancio, raccolgo, vinco o perdo, si palesa il trofismo del mio Sé grandioso che tuttavia rimane sempre autoreferenziale, difatti non cerco (almeno direttamente e per quanto m’è dato esperire a livello cosciente) l’approvazione altrui. Basto a me stesso, però non credo che questo atteggiamento sia una vittoria e come ho scritto in altre occasioni io mi sforzo di mantenerlo reversibile. Per me il narcisismo (isolato – ma guarda un po’, eh? – dai caratteri patologici) è stato ed è ancor oggi un humus tanto ideale quanto temporaneo. Potrei amare senza riserve o quasi, e solamente in un contesto monogamo poiché il mio Super-Io si è sviluppato in tal senso e pretende coesione. Non cerco e non saprei davvero cosa farmene della frammentazione che l’edonismo genera e al contempo illude di risolvere, dunque se sono estraneo a certe condotte ciò non scaturisce da ragioni morali (sia mai), bensì dal fatto che il mio livello introspettivo è talmente avanzato che ne inibirebbe gli effetti e di conseguenza non potrei trarne giovamento (per quanto illusorio). Alla luce di queste parole devo dare atto a chi ritiene pericolosa l’introspezione, ma credo che quest’ultima possa essere insidiosa solo nei passaggi da un livello significativo all’altro, come se ogni momento critico corrispondesse ad una finestra di tempo in cui l’approfondimento della propria introspezione rendesse inefficaci gli espedienti palliativi a cui taluni sono soliti ricorrere per mantenere un equilibrio precario. In ogni caso io tendo a circoscrivere tali questioni a me e non sono interessato ad analizzare altri perché non mi reputo in grado di farlo, tuttavia è quasi inevitabile che talvolta la conoscenza di sé stessi lambisca anche la conoscenza dei propri simili.
Nota: questo post dev’essere integrato con quest’altro.
Di questo passo (l’espressione calza a pennello come quest’ultima a sua volta) finirò per avere tante scarpe quante quelle che può vantare Carrie Bradshaw, con l’unica ma non trascurabile differenza che il personaggio di Sarah Jessica Parker le adopera per puttaneggiare mentre a me servono per battere la strada in un altro modo. Io sto davvero adorando e usurando le Mizuno Wave Ronin 3, perciò non mi sorprenderei se già tra tre mesi dovessi sostituirle. Per fortuna che le ho trovate a meno di novanta euro, altrimenti finirei per pagare un bollo trimestrale sui piedi e non escludo che la prossima manovra finanziaria possa contemplare una tassa del genere.
Cerco di limitare le sessioni di corsa per non bruciare la massa magra, però ogni tanto rifaccio i miei percorsi da diciotto o ventuno chilometri. Da un po’ di tempo a questa parte accetto ogni invito a correre da persone che non lo fanno abitualmente, così mantengo un passo più lento e copro distanze minori per svolgere comunque attività aerobica senza esagerare.
In tutte le persone con le quali ho condiviso qualche allenamento blando ho notato una certa intolleranza alla solitudine che è insita nella corsa (specie quand’essa si fa fondo), però io credo che questa disciplina offra tanto proprio a chiunque sappia affrontarla da solo e con una certa costanza. Il mio passo è lievemente rallentato sulle lunghe distanze, ma lo accetto perché non voglio essere troppo esile, difatti da un po’ di tempo sto puntando sull’ipertrofia muscolare.
Due giorni fa ho corso con un tizio che ha un’ottima base benché il suo fiato sia un po’ corto e abbiamo fatto appena sei chilometri (secondo me la sua prova è stata assai buona) lungo un itinerario sul quale non avevo mai corso prima poiché per me è un po’ fuori mano.
In un punto di questa strada un tipo ha marcato cento metri e così, per scherzo, dopo la corsa mi sono fatto cronometrare su questa distanza: per l’occasione è stato usato un vecchio Nokia! Al primo tentativo ho fatto 16”50 mentre al secondo ben 17”09. Mi aspettavo di fare meglio sui cento metri e dubito che io possa addurre la scusa della fatica poiché i sei chilometri non mi avevano stancato affatto; anzi, credo che siano stati come di riscaldamento.
Se facessi agonismo di certo sarei un fondista, mica un centometrista, difatti la mia peculiarità è la resistenza, però sono fermamente convinto di poter scendere sotto i 16”50. Non pretendo certo di emulare Usain Bolt, tuttavia mi “accontenterei” di correre i cento metri in tredici secondi senza dovermi allenare specificamente per questa distanza. Comunque, l’è un mero ghiribizzo.
Credo che l’Italia stia facendo la fine che merita, ma non voglio scomodare la cicala e la formica di Esopo per illustrarla. Questa nazione è governata da inetti e puttanieri di cui apprezzo solo le doti d’avanspettacolo. Cosa succederebbe se il sistema creditizio collassasse davvero? Io mi sono fatto qualche idea, ma tra queste non ce n’è manco una che sia scevra di sangue e morte. Ovviamente non credo affatto che qualche città italiana sia destinata a diventare una novella Mogadiscio (tuttavia mai porre limiti alla fantasia!), però non mi sorprenderei se aumentassero i suicidi e parimenti le statistiche relative al crimine subissero un’impennata a differenza di quelle cagionatrici d’un tale scenario.
Su Google è sufficiente accostare tre parole per avere un esempio recente di quanto rischia di succedere in Italia: “Grecia”, “crisi”, “suicidi”. Tutto ciò accade per l’avidità e la stoltezza degli esseri umani: allo stesso tempo antagoniste e complici. Scioperi demografici, assalti alle banche e coprifuoco: parte di ciò che immagino per la peggiore delle ipotesi. I media snocciolano sigle e percentuali che fanno apparire tutto ancora più inquietante di quanto già non sia, ma alla fine ‘sti gran cazzi! Spero solamente che i responsabili di questa congiuntura economica facciano la fine dei Romanov. Per il conto sistemiamo all’italiana… Non invidio i neonati della classe media.
Resto sulla linea di demarcazione tra una fine e l’altra, a stretto contatto con le parti migliori di me stesso. Non sono legato ad alcunché e di conseguenza non ho nodi da sciogliere. L’autunno è alle porte e presto ingiallirà i contorni del proprio ingresso. Non ho conti aperti con nessuno eppure sono una persona vendicativa: beh, tanto meglio che sulla mia lista nera non si trovi nome alcuno. Ogni tanto ho la sensazione di riuscire a defilarmi dal tempo in maniera del tutto involontaria, però non vado pazzo per le infrazioni cronologiche. Non cerco tracce nascoste né tanto meno nascondo le mie. I miei armadi sono semivuoti perché vesto leggero, però lo spazio in più sono disposto ad affittarlo a degli scheletri seri e puntuali nei pagamenti.
Mi sento bene fisicamente. Il ginocchio destro non mi dà più problemi. Sto ancora provando ad assumere la posizione dello yeop chagi, però sbaglio sicuramente qualcosa nell’allenamento e non riesco a capire l’errore: non demordo. Sono di buon umore, navigo in acque tranquille e non scorgo cuori all’orizzonte. Non ho bisogno di remare contro, non sento la necessità di gettare la spugna e manco l’àncora. Comunque in alto mare non si può certo andare con i piedi di piombo.
Sono abituato a guidare da solo lungo le strade di mezza Italia per assistere a grandi concerti. Mercoledì mi sono recato nella Città Eterna per un live straordinario al quale hanno partecipato Il Tempio delle Clessidre e Locanda delle Fate. Nei primi milita anche Stefano Galifi che nel 1973 cantò quel capolavoro del progressive rock italiano che s’intitola “Zarathustra” e il cui parto fu opera dei Museo Rosenbach: durante il live è stato suonato un pezzo di quel disco ed è inutile che adesso io cerchi di verbalizzarne i brividi. Invece la traccia che mi ha colpito di più tra quelle de Il Tempio delle Clessidre è stata La stanza nascosta: un duetto eccezionale tra la voce di Galifi e il tocco magistrale di Elisa Montaldo. Anche “Danza esoterica di datura” mi è piaciuto particolarmente come pezzo benché sia strumentale.
Non so come incensare in modo adeguato la Locanda delle Fate. Ho ascoltato svariate volte il loro gioiello, “Forse le lucciole non si amano più” e proprio la settima traccia di quest’album che è stata eseguita dal vivo mi ha traghettato in un’altra dimensione: Vendesi saggezza. La voce e il carisma di Leonardo Sasso mi hanno incantato quanto la classe di Max Brignolo alla chitarra.
Il tre settembre ho visto di nuovo Le Orme e conto di rivedere il gruppo veneziano per la quarta volta: La Via della Seta è un disco straordinario! Ci ho messo un po’ a capirlo, ma alla fine mi sono reso conto che alla voce di Tagliapietra io preferisco quella che le è subentrata, difatti la versione di Sguardo verso il cielo cantata da Jimmy Spitaleri è un pezzo in cui finalmente riesco a rispecchiarmi in pieno grazie alla potenza vocale di quest’ultimo: cazzo, mi fa vibrare le vertebre, davvero sublime.
“La colpa d’esser vivo e non poter cambiare”