Immergo le mie carni in acque cristalline e scruto i fondali come se dalle profondità dell’inconscio dovessi trasferirmi in quelle del Tirreno. In me non riaffiorano ricordi, ma puntualmente infrango la superficie marina per riprendere fiato. Vorrei sentire un altro respiro al di fuori del mio, ma le distanze che mi circondano ne sono sprovviste. Al tempo io porto in dote silenzi discontinui e in cambio ricevo giorni irripetibili. Per quanto possa nuotare, difficilmente vedrò altra terra che non sia la mia. Abito in un deserto, però non incolpo le dune né l’ombra mia che su queste scivola da sé. Le sabbie che calpesto si disperdono in una clessidra sotterranea alla quale sono legato da vincoli di mortalità. In sogno mi è stato raccontato che altrove v’è chi s’ama e ivi io ho provato a saperne di più tramite l’immaginazione, ma poco ha potuto la mia fantasia a confronto di quelle realtà che la superano ovunque, ad ogni coordinata ontologica.
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