Talvolta per rendermi conto della mia fortuna getto un’occhiata alle disgrazie altrui senza però felicitarmene, difatti non sono un sadico. Prendo coscienza del mondo che mi circonda, anche quand’esso non mi viene raccontato dai personaggi in doppio petto ai quali ogni tanto consento di affacciarsi al mio televisore. Una fetta (termine quanto mai adeguato) ragguardevole di esseri umani non è nient’altro che carne da macello. Durante uno dei più banali question time con me stesso, io mi sono domandato quali meriti abbia mai conseguito per non fare parte di coloro che crepano tra atroci sofferenze. Non ho mai posto determinati interrogativi sulla scorta dei sensi di colpa dato che ne se sono sprovvisto, perciò mi sono limitato a gettare parole tacite in enigmi irrisolvibili, un po’ come un giocatore d’azzardo butta gli spiccioli al videopoker nonostante egli sia perfettamente conscio dell’impossibilità di vincere. Può ancora capitarmi restare ingabbiato troppo a lungo in un pensiero e dopo ogni evasione rido di me perché tutte le volte scopro che avrei potuto voltarmi e camminare invece di stringere un paio di sbarre in mezzo al nulla. Alcune fisime assomigliano alle tappe obbligatorie d’un gioco infantile, altre invece sono tali solamente nell’opinione altrui. Eh, gambe in spalla, specialmente dopo l’amputazione degli arti inferiori.
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