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L’esame di maturità

Ogni anno l’esame di maturità tiene banco negli organi d’informazione. Otto anni fa ho concluso il mio iter scolastico con un diploma da sessanta centesimi. A scuola ho sempre cercato di fare meno del minimo indispensabile. Conservo un caro ricordo del terzo anno delle superiori, difatti in quei bimestri mi presentai di rado in aula, un po’ come i parlamentari. Preferivo sfidare altri falliti come me ai videogiochi che ancora si potevano trovare in qualche bar della mia zona, però molte mattine le trascorrevo in campagna o sugli autobus pubblici. Non ho mai incontrato il gatto né la volpe, ma se mi fossi imbattuto in Pinocchio di sicuro avrei provato a derubarlo per pagarmi la merenda. In classe mi rompevo i coglioni e quando guardavo l’orologio mi sembrava di vederlo come in un celebre quadro di Salvador Dalì. I professori non avevano il talento necessario per insegnare né studenti disposti ad apprendere, perciò ogni volta che facevano l’appello a me parevano del tutto assenti. Non socializzavo granché con i miei compagni e mi piaceva stare per i cazzi miei. Legavo soltanto con un tizio, ma gli insegnanti sostenevano che avessi un cattivo ascendente su di lui. Qualcuno pensava che fossi un satanista e in seguito anche mia madre mi disse che lo aveva creduto per diversi anni, infatti secondo l’opinione illuminata di un professore io facevo sega a scuola per andare a fare le messe nere; come spiegargli l’impossibilità di tenere simili rituali prim’ancora del desinare? Eh, santa pazienza.
L’unica insegnante che rammento con piacere è la professoressa di lettere che ho avuto alle medie. Una volta costei mi mise una nota sul registro perché non avevo svolto un compito, ma io m’ero astenuto dal farlo poiché non ero riuscito a venirne a capo. Avrei dovuto scrivere chi sarei voluto diventare da grande, ma non lo sapevo a dodici anni come non lo so adesso a ventisette e tra l’altro mi auguro di rimanerne all’oscuro per sempre.
L’esame di maturità per me è stato il congedo da un mondo noiosissimo e colmo di mediocrità. Ho cominciato a diventare una persona migliore quando ho smesso di andare a scuola. Ho fatto bene a non proseguire gli studi, altrimenti non avrei avuto le forze né il tempo per riprendermi da tredici anni d’istruzione penosa. Ammiro certi laureati, ma io non sarei mai potuto essere uno di loro. Una carriera universitaria mi avrebbe portato ad una morte precoce, ne sono convinto. Una signorina un po’ di tempo fa mi consigliò d’iscrivermi all’università per trovare una ragazza e questo suo suggerimento fece traballare un po’ l’opinione che m’ero fatto di lei, ma poi capii che la sua uscita infelice era figlia d’altro, orfana comunque di senno. Forse avrei potuto fare il veterinario, dio cane.

Francesco

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