Categories: MusicaParole

Perle italiane

Fatico a trovare musica italiana che mi piaccia, tuttavia ci sono ancora dei gruppi in grado di suscitare in me una profonda approvazione e in queste righe voglio segnalare due dischi per non essere troppo dispersivo, comunque è soltanto il secondo che reputo un capolavoro.
Il primo album è Il Più Antico dei Giorni dei Magnifiqat. Di solito non apprezzo il gothic metal, ma questa è una piacevole eccezione a cui non mi sottraggo. Il platter non contiene tecnicismi esagerati, scale supersoniche né tanto meno tutto l’ambaradan virtuosistico tanto caro a certi ascoltatori (come d’altronde lo è anche a me, talvolta), però molte tracce sono attraversate da un’atmosfera evocativa, onirica e malinconica, in cui compare un soprano in più di un’occasione a caricarle d’ulteriore intensità. Mi piace molto il cantato quasi sussurrato e trovo che si sposi benissimo con i pezzi strumentali. La mia traccia preferita è Diadema: delicatissima e solenne.
Petali di Fuoco è il secondo album a cui voglio tributare lodi per me doverose. Partorito da un gruppo progressive rock italiano che corrisponde al nome de La Maschera di Cera, il disco in questione è un susseguirsi di pezzi meravigliosi che fanno tornare la mente indietro di decenni, fino a rievocare i Museo Rosenbach, la Premiata Forneria Marconi, Le Orme e il Banco del Mutuo Soccorso, insomma la crème del progressive italiano degli anni settanta (la lista è ben più lunga!), tuttavia non ne sono affatto semplici epigoni, anzi, tutt’altro. Anche in questo caso si sprecano le atmosfere oniriche, ma qui il tasso tecnico è elevato, i pezzi sono più articolati come impongono i canoni del progressive rock e al contempo mi pare che scorrano benissimo. Tutto risulta orecchiabile e non scorgo virtuosismi fini a loro stessi, o quantomeno a me sembra che siano sempre a servizio della struttura dei pezzi anziché al soldo del narcisismo a cui talvolta certi musicisti si asserviscono. La voce di Alessandro Corvaglia è davvero notevole e mi ha colpito fin da subito, inoltre veicola testi che a mio avviso sono scritti bene. Insomma, “Petali di Fuoco” è un album che alla prima traccia mi ha fatto dire “ah, però” e dopo, dalla quarta in poi: “Me cojoni!”. Coadiuvato da opere del genere il mio morale è alla stregua del Barone Rosso, soltanto più difficile da abbattere. Non so scegliere una traccia sola come mia preferita, perciò ne segnalo due: Tra Due Petali di Fuoco e D-Sigma di cui purtroppo non c’è uno streaming sul web.

Francesco

Recent Posts

Gioco e realtà di Donald Winnicott

Che bello non avere figli: si tratta di un grande sollievo esistenzialistico e di un…

7 giorni ago

Buon appetito

Le parole non pesano molto, ma io rinuncio a lanciarle dove non possono arrivare e…

3 settimane ago

La fenomenologia dello spirito

La fenomenologia dello spirito è un'avventura gnoseologica e un allenamento per la capacità d'astrazione, ma…

1 mese ago

Praemediatio malorum

Non riesco a detestare il caldo perché lo associo al deserto di cui mi sento…

1 mese ago

Una buona deriva

Trovo che quest'estate sia un po' sottotono, tuttavia non riesco a capire i motivi di…

2 mesi ago

Le ambivalenze del cielo

Ho una predilezione per i temporali estivi e preferisco l'ira dei nembi all'indolenza dell'afa o…

2 mesi ago