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Considerazioni quasi incidentate

Lo scampato investimento di cui mi sono reso involontariamente protagonista mi offre un po’ di materiale per l’esercizio dell’introspezione, ma avrei preferito rompermi una gamba e portare il gesso per un mese piuttosto che disporre di siffatta opportunità.
Sapevo già che mi sarei crocefisso dopo quell’episodio. La donna mi ha rassicurato più volte sul suo stato e il marito ha fatto altrettanto, tuttavia io non sono ancora capace di accettare il fatto che un tale pericolo sia scaturito dalla mia condotta al volante. Tra l’altro, se io fossi stato al posto della donna e se come lei non mi fossi fatto nulla, anch’io avrei tenuto un atteggiamento conciliante. Allora perché fatico a elaborare l’evento? Probabilmente il mio disagio non deriva dal senso civico o quantomeno quest’ultimo non ne è l’unica fonte, bensì provo una sensazione lancinante alla sola idea di danneggiare una persona innocente perché non voglio sentirmi come le persone che detesto.
Se quella donna fosse stata investita mortalmente da un’altra auto, io me ne sarei dispiaciuto? Devo essere sincero con me stesso, perciò mi vedo costretto a dare soltanto una risposta: no. In questo caso la mia empatia è scaturita dal mio coinvolgimento diretto, altrimenti una vicenda analoga non mi avrebbe colpito e lo posso affermare con certezza poiché una volta, anni or sono, vidi un uomo che era stato investito sulle strisce pedonali: era morto sul colpo, ma non provai nulla per quell’anziano riverso a terra senza più vita. Probabilmente razionalizzo in modo eccessivo taluni eventi e ogni tanto rischio d’apparire come una persona fredda che vuole solo stare lontano dai guai.
Insomma, guardandomi dentro io non sono rammaricato per l’evento in sé, bensì per esserne stato la causa scatenante e ammetto che questa verità mi risulta difficile da digerire quanto lo scampato sinistro di cui sopra. È come se mi preoccupassi di non ledere il mio prossimo per non ledere me stesso e in un certo senso questo può riallacciarsi al Codice di Hammurabi (e altrove) quando questi recita di “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”.
Avrò bisogno di un po’ di tempo per interiorizzare quanto mi è successo, liberandomi di tutte le esagerazioni giustizialiste che mi scaglio contro, in modo che alla fine io possa giungere ad una visione più imparziale del fatto. Per tutto il periodo necessario a questo processo interiore non me la passerò bene, ma me la caverò. In momenti come questi sono contento di non avere nessuno accanto, altrimenti rischierei di far gravare su un’altra persona dei pesi che non dovrei farle sostenere per una mia probabile inclinazione protettiva nei suoi confronti.

Francesco

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