28
Apr

La mente, la coscienza e il corpo: triumvirato esistenziale

Pubblicato giovedì 28 Aprile 2011 alle 16:26 da Francesco

Sono un vile perché zucchero il tè verde, ma espio le mie colpe levando le zecche ai miei gatti. Quando Freud affermò che la coscienza è solo una proprietà della mente egli ricevette molte critiche dai luminari del suo tempo, però in seguito la sua posizione fu ripresa da vari neurologi. Secondo quanto ho letto, la coscienza si originerebbe nel tronco encefalico e riguarderebbe una percentuale assai ridotta delle azioni umane che in larga parte (per oltre il novanta percento) si svolgerebbero inconsciamente.
Sono stato un po’ spiazzato dallo stretto legame che pare intercorrere tra l’evoluzione biologica e la coscienza, però non sono riuscito a convincermi che tale rapporto non sussista. Sono stato colpito anche dalla questione dell’esperienza unificata della coscienza, difatti gli stimoli sui quali si poggia quest’ultima seguono percorsi differenti nel cervello e non è chiaro come poi risultino inscindibili all’individuo. Per chiarire questo punto alcuni studiosi hanno cercato di identificare le strutture che accolgono ed elaborano gli stimoli delle percezioni, io tuttavia sono rimasto più affascinato dall’ipotesi dei quaranta hertz che declina la questione in termini temporali. Secondo l’ipotesi summenzionata, e stando a quanto ho letto limitatamente all’esperienza visiva, vi sono cellule corticali che effettuano scariche sincronizzate con un ritmo di quaranta hertz, perciò ogni secondo di coscienza sarebbe suddiviso in quaranta momenti che si alternano in modo talmente rapido da garantire alla coscienza la sua parvenza continuativa e unitaria. Durante la lettura di questo argomento mi è venuta in mente una citazione olistica di Aristotele: “Il tutto è maggiore della somma delle sue parti”.
Ho esteso il mio sorriso quando mi sono imbattuto sul ruolo che gioca l’intelligenza nella mente. Attraverso alcuni esempi che prendevano in esame l’intelligenza artificiale per il test di Turing è emerso chiaramente come non sia possibile riprodurre anche una mente, difatti un software su un computer non ha consapevolezza di sé e non può generare il bagaglio emotivo che risulta proprio di un individuo. Tutto ciò avalla la tesi secondo la quale la coscienza è legata al tronco encefalico che a sua volta è in stretto collegamento con i visceri del corpo, perciò anche a me pare plausibile che la presenza di quest’ultimo determini la coscienza. Quanto ho appreso mi è chiaro, o almeno credo, e da profano non ho ragione di obiettare qualcosa, però io credo che sarebbe un errore considerare tutto ciò come bieco materialismo.
Prima di affrontare l’argomento in una lettura recente, non avevo mai considerato la possibilità che un comportamento cosiddetto “intelligente” potesse verificarsi anche laddove mancasse la coscienza. A riprova di quanto appena scritto vi sono casi di pazienti neurologici in cui sono state riscontrate delle capacità cognitive nonostante queste non fossero accompagnate affatto dall’esperienza cosciente. Da questo punto si genera una domanda interessante sul ruolo e il fine della coscienza, difatti se i comportamenti intelligenti sono possibili anche in sua assenza allora sorge spontaneamente la necessità di spiegare il motivo della sua esistenza.
A costo di saltare di palo in frasca (ma non credo di correre questo rischio) mi sono imbattuto in un’intervista a Michelle Thomasson, moglie di Henri che diffuse in Italia il pensiero di Gurdjieff. Costei afferma delle cose interessanti in cui mi rivedo e parte da considerazioni sull’estetica per estenderle coerentemente fino a questioni esistenziali: notevoli gli ultimi tre minuti e mezzo.

“La ricerca del conforto e del non-sforzo ci ha condotto ad essere completamente schiavi […] la nostra propria vita è passata al servizio della materia”
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25
Apr

Neuropsicoanalisi

Pubblicato lunedì 25 Aprile 2011 alle 20:05 da Francesco

Da circa una settimana mi sono immerso nella lettura de “Il cervello e il mondo interno” di Mark Solms e Oliver Turnbull. Questo testo costituisce un punto d’incontro tra le neuroscienze e la psicoanalisi, ma forse sarebbe più opportuno definirlo come un ricongiungimento poiché Freud riconobbe i limiti di cui soffriva la neurologia al suo tempo e l’abbandonò per battere una strada che ancor oggi certuni (specialmente nel mondo scientifico) fanno oggetto di ludibrio.
Un paio di anni fa ho letto un manuale di neuroscienze, però ne ho ricavato un’infarinatura che soltanto adesso mi risulta meno confusionaria, grazie all’integrazione con la lettura del libro suddetto, e di cui, in ogni caso, conservo pochi concetti di base. Temi quali la neurofisiologia, la neurochimica e la psicofarmacologia mi attraggono, tuttavia non intendo profondere sforzi per studiare compiutamente queste branche del sapere perché, oltre a dubitare d’esserne in grado, posso limitarmi ad attingere quanto mi è necessario e indirizzare altrove le mie energie.
Il tentativo di mappare la coscienza nelle aree del cervello è affascinante e, con un approccio un po’ naif, mi domando se i progressi in questa direzione possano portare l’uomo a svelare cosa si celi dietro (o dopo) la perdita della coscienza nel senso tanatologico del termine.
Di difficile accettazione e di stampo materialistico, voglio annotare una citazione di Francis Crick che tuttavia dal basso della mia ignoranza non sottoscrivo affatto: “Tu, con le tue gioie, i tuoi dolori, i tuoi ricordi e le tue ambizioni, non sei altro che la risultante del comportamento di una miriade di cellule nervose e delle molecole in esse contenute”.
Sulla relazione tra cervello e mente la filosofia ha creato varie scuole di pensiero (eh, penso che non vi sia espressione più adatta in questo caso) e le più diffuse sono sintetizzate nelle pagine de “Il cervello e il mondo interno”. Tra le varie teorie sono stato colpito da quella del monismo dal duplice aspetto percettivo. Secondo questa concezione un essere umano non è in grado di conoscere la materia di cui è composto senza prima rappresentarsela attraverso le percezioni. Di conseguenza, secondo il monismo dal duplice aspetto percettivo non è possibile conseguire una visione diretta della materia della mente, bensì solo rappresentazioni figurate: dei modelli. Stando a quanto ho letto e capito, la mente appare fisica quando viene osservata dall’esterno e assume un aspetto “mentale” da una prospettiva interna, rendendola perciò una produzione delle percezioni e ciò sottolinea una sorta di conflitto d’interessi dove l’osservatore della mente è anche il mezzo attraverso cui la suddetta viene osservata. Da qui (o meglio, anche da qui) continua l’indagine sul legame che correla la soggettività di un individuo ai processi del cerebro.

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23
Apr

Il sogno della perdita dei denti

Pubblicato sabato 23 Aprile 2011 alle 23:11 da Francesco

Due settimane fa ho sognato di perdere i denti: un evento onirico del genere non mi è nuovo. Per la tradizione popolare (probabilmente eredità della cultura greca) questo genere di sogno annuncia la morte di un congiunto, però secondo altre interpretazioni, più oculate e prive della zavorra della superstizione, la perdita dei denti può essere legata alla paura della fine di una relazione sentimentale o di qualcosa che le assomigli.
Escludo quest’ultima ipotesi poiché io non ho legami profondi con nessuno. Nel sogno, appena muovevo la lingua sopra i denti questi si staccavano dalla gengiva e finivano a terra. Come ho letto altrove, la lingua può simboleggiare la parola e dunque il sogno potrebbe significare il mio timore di porre fine ad un rapporto per mezzo di una conversazione. Poiché nella mia esistenza al momento non ci sono rapporti importanti (che lo ripeta nell’arco di poche righe è indicativo), tendo a credere che il sogno si riferisse ad un rapporto potenziale e allora tutto mi tornerebbe. Tra le altre letture possibili ho notato che vi s’annovera anche il timore di non essere all’altezza di qualcosa, ma anche la paura di invecchiare si staglia nel quadro delle interpretazioni papabili. Sono portato a ritenere che la matrice del mio sogno sia stata un’esagerazione di alcune ansie frammiste a piccole frustrazioni, tuttavia nulla di cui debba avere ragione di preoccuparmi. Tutto ciò mi ha ricordato che da piccolo mio padre (questa figura ignota) mi allungò uno schiaffo e mi fece perdere un dente da latte che comunque si sarebbe staccato presto: rammento che il fatto avvenne su una salita. Mi chiedo se possa esserci una connessione tra l’episodio infantile e il sogno suddetto. In ogni caso i miei denti sono sani, ben saldi e non ospitano manco una carie. Forse devo staccarmi un molare, metterlo sotto un bicchiere e attendere che la fatina dei denti arrivi a raccattarlo per avere l’occasione d’invitarla ad uscire insieme a me.

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22
Apr

La prova costume di chi non sa assolversi

Pubblicato venerdì 22 Aprile 2011 alle 01:18 da Francesco

Questo è il momento dell’anno in cui gente d’ogni età e circonferenza cerca di preparare la propria carne per la transumanza estiva, di conseguenza conto maggiori presenze nei luoghi in cui io mi alleno durante ogni stagione. Suscitano un po’ di tenerezza in me quelle persone che provano a mettersi in forma con lo scopo precipuo di risultare attraenti e in particolare le donne. Ragazze e signore con i fianchi un po’ larghi forse credono che misure minori possano portare loro gioie maggiori, ma se bastasse così poco allora le palestre potrebbero sorgere al posto delle basiliche, delle moschee, delle sinagoghe…
Ogni primavera, negli sforzi incostanti di persone assai diverse, leggo sempre il medesimo desiderio d’amore velato di carnalità sul quale mi sembra che si abbatta spesso un senso di inadeguatezza più o meno giustificato. Nei periodi più rigidi dell’anno i miei percorsi mi offrono desolazioni incomplete, però con l’avvento di temperature più miti e accomodanti ho sempre modo di scorgere solitudini semoventi che cercano di uscire dai loro gusci imperfetti. Secondo me l’etica viene minata ogniqualvolta l’estetica diventi oggetto di ossessione, perciò io inseguo sempre il concetto di kalokagathia per cercare d’esserne all’altezza.
Quand’ero un adolescente flaccido, prima di ogni estate credevo fortemente che avrei fatto incontri straordinari tra giugno e settembre, ma ogni volta ne restavo deluso e forte della mia giovane età mi dicevo sempre che l’anno successivo avrei avuto miglior fortuna. Ormai, dopo quasi tre lustri, ho ragione di credere che da tempo immemore sia stata accolta la domanda di prepensionamento della dea bendata. In realtà non sono un fatalista e me ne frego del mio quadro astrale. Ammesso che io abbia un destino, quest’ultimo può venire a convocarmi mentre faccio qualche trazione a seguito di una sessione di corsa.

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19
Apr

Dialoghi intersessuali con sfumature cadaveriche: parte 1

Pubblicato martedì 19 Aprile 2011 alle 14:42 da Francesco

Quanto riportato di seguito potrebbe urtare la sensibilità di qualche testa di cazzo, perciò invito il lettore a fare un lungo respiro prima di decidere se per lui sia opportuno continuare la lettura o, invece, se gli sia preferibile andarsene a fare in culo.
Trovo che conversazioni del genere siano piccole perle e se ne fossi in grado le traslerei su dei papiri o su delle pareti rupestri avvalendomi della scrittura cuneiforme.

Francesco scrive:
Volevo chiederti carissimo compare, ma tu al posto del complesso edipico cosa hai avuto?
Speravi che tuo padre te lo buttasse in culo?

Interlocutore gay scrive:
ma vaa
ma perchè tu hai veramente avuto il complesso edipico?

Francesco scrive:
No, seriamente.
Chi non lo ha avuto?

Interlocutore gay scrive:
boh
credevo fosse una balla
no comunque non ho mai provato attrazione per mio padre

Francesco scrive:
La sodomia è un apostrofo rosa tra due chiappe.
Capisco.

Interlocutore gay scrive:
tu invece che desieravi?

Francesco scrive:
Fottere di brutto un’amica di mia madre.
Da ragazzino.
Intendo proprio violentemente.

Interlocutore gay scrive:
beh ma non è edipo questo
mica è tua madre

Francesco scrive:
Cazzo ne so, mentre aveva la testa in lavatrice.
Sì, però la rappresentava in qualche modo.
Quindi un complesso putativo.

Interlocutore gay scrive:
violentemente nel senso di picchiarla?

Francesco scrive:
No, nel senso di tenerla con la testa giù.
Forse retaggio dei primi film porno.
VHS rubate in edicola.

Interlocutore gay scrive:
e questo verso che età?

Francesco scrive:
Non rammento, forse ero già in doppia cifra.

Interlocutore gay scrive:
beh immagino di sì

Francesco scrive:
Mannaggia li pescetti.
Te lo ricordi Isaac George, nevvero?

Interlocutore gay scrive:
come no
quello dei ragazzi della terza c

Francesco scrive:
Sì.

Interlocutore gay scrive:
e su tua mamma nn hai mai fatto fantasie invece

Francesco scrive:
Sì, però non mi garbava esteticamente.
Cioè, mi dovevo sforzare.

Interlocutore gay scrive:
ah ok

Francesco scrive:
Era un po’ come il turno di lavoro.
Una volta ho fatto questo ragionamento.
Seguimi, mi raccomando.

Interlocutore gay scrive:
ok

Francesco scrive:
Se mia madre fosse stata violentata a tredici anni e mi avesse partorito prima dei quattordici, tra noi due non ci sarebbe stata una grande differenza d’età.

Interlocutore gay scrive:
no

Francesco scrive:
In più, se mia madre fosse stata bella, in seguito io avrei potuto innamorarmene.
Purtroppo mia madre mi ha partorito alla soglia dei quarant’anni ed è sempre stata un cesso.
Un peccato, non credi?

Interlocutore gay scrive:
beh
non saprei
non credo che sarebbe cambiato molto se te ne fossi innamorato

Francesco scrive:
Il tuo equilibrismo è degno dei migliori centristi.
Perché pensi che non sarebbe cambiato molto?

Interlocutore gay scrive:
scusa metti che te ne fossi innamorato
che cambiava?
nasceva una love story?

Francesco scrive:
Perché no? All in one: amore materno e quell’altro, che materno non è.

Interlocutore gay scrive:
io ricordo solo una fortissima attrazione per un mio cugino

Francesco scrive:
“Non c’è cosa più divina che scoparsi la cugina”.

Interlocutore gay scrive:
eh magari

Francesco scrive:
Comunque non perdonerò mai a mia madre la sua bruttezza.

Interlocutore gay scrive:
beh evidentemente non hai preso da lei

Francesco scrive:
Né, ovviamente, la sua decisione di concepirmi tardivamente.
Ti ringrazio, peccato che tu non sia una procace ventenne, ma una checca prossima alla terza decade: comunque apprezzo.

Interlocutore gay scrive:
beh ho detto che sei un bel ragazzo
penso chiunque lo direbbe no?

Francesco scrive:
Non credo, la bellezza non è soggettiva?

Interlocutore gay scrive:
sì però voglio dire
pur non avendoti visto se non in qualche foto
mi pare che nel complesso sei carino
che non significa che mi faccio le seghe pensando a te, ma è una pura constatazione

Francesco scrive:
Con tutto il dovuto rispetto per la categoria dei piglianculo, ma come mai tali complimenti mi giungono sempre dai tuoi pari?

Interlocutore gay scrive:
credo perchè non c’è niente da guadagnare
non scatta il minuetto tra maschio/femmina o tra frocio/frocio

Francesco scrive:
Quindi non c’è la finta pudicizia delle ragazze eterosessuali.

Interlocutore gay scrive:
è come se dicessi a una donna che è bella: pura constatazione disinteressata

Francesco scrive:
Non fa una piega, seriamente.

Interlocutore gay scrive:
e lo so
potrei pure andare avanti a elogiare i dettagli ma non avrebbe molto senso

Francesco scrive:
Mannaggia alla natura, fossi nato frocio avrei fatto lo gigolò.

Interlocutore gay scrive:
eh che vuoi fare

Francesco scrive:
Mi sa che non ci si può diventare per corrispondenza.

Interlocutore gay scrive:
fai sesso virtuale in cam e fatti pagare
è un buon compromesso

Francesco scrive:
Dio cane, dovrei usare parecchia immaginazione.

Interlocutore gay scrive:
e perchè mai?

Francesco scrive:
Perché io sto al sesso come la fusione a freddo sta alla pratica.

Interlocutore gay scrive:
beh
qui si sta parlando di pugnette

Francesco scrive:
Fammi capire: potrei essere pagato per farmi le seghe? Ho eiaculato così tanto da riempire la Vistola e ci avrei potuto ricavare euro sonanti?

Interlocutore gay scrive:
c’è un sacco di gente che lo fa

Francesco scrive:
Interessante.

Interlocutore gay scrive:
almeno, so di ragazzi che si piazzano in cam, si fanno una pugna e si fanno pagare tipo con paypal
e si pagano l’affitto così
conoscendo le tue remore non credo lo faresti mai

Francesco scrive:
L’ho sempre detto che la masturbazione è salvifica. Il mondo si regge sulle seghe.
Remore? Non saprei. Dovrei valutare i possibili ricavi. Casomai chiedo a mia madre di parlarne con il commercialista.

Interlocutore gay scrive:
calcola che per moltissimi froci un uomo che si masturba è il massimo del turnon
quindi di spettatori ne avresti

Francesco scrive:
In questo modo potrei anche sfatare la leggenda secondo la quale io sono un omofobo.

Interlocutore gay scrive:
rabbrividisco all’idea che ci stai facendo un pensierino

Francesco scrive:
Proprio tu? L’ostia, la croce e la veste talare dove le hai nascoste?

Interlocutore gay scrive:
ma mica per me, per te
non credo lo faresti mai

Francesco scrive:
Stai usando la psicologia al contrario: è chiarissimo.

Interlocutore gay scrive:
naaa
tranquillo
te l’avrei chiesto

Francesco scrive:
Comunque devo ragionarci. Sarebbe un po’ come entrare nel mondo della pornografia da cui ho sempre attinto (e con cui ho sempre macchiato).

Interlocutore gay scrive:
ahahah
allora mi terrai informato

Francesco scrive:
Oscuro il tuo nickname, mi salvo questa conversazione, ne correggo gli errori ortografici e me l’appunto: credo che meriti.

Interlocutore gay scrive:
ma please

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16
Apr

Liquid Tension Experiment

Pubblicato sabato 16 Aprile 2011 alle 15:15 da Francesco

Per me la musica con la emme maiuscola ha canoni precisi che si esprimono attraverso stili piuttosto diversi. Ancora sedicenne, i Liquid Tension Experiment nel loro album di debutto contribuirono significativamente a suggerirmi la direzione verso cui tendere le orecchie. Il gruppo era composto per tre quarti da membri dei Dream Theater con l’aggiunta di Tony Levin (quest’uomo è ovunque!) al basso. Il progetto durò appena due dischi, entrambi prettamente strumentali e, almeno per quanto mi riguarda, molto prossimi alla perfezione. Sono legato alla traccia sottostante e insieme all’intro il momento di massima esaltazione per me è l’assolo di Tony Levin con lo stick bass oltre, ovviamente, a quello di Petrucci. Se non mi fossi avvicinato a certi generi musicali la mia esistenza sarebbe stata meno semplice.

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15
Apr

Tra gli atomi di Democrito (Siddharta è bandito)

Pubblicato venerdì 15 Aprile 2011 alle 02:18 da Francesco

Dunque, sperare che io faccia un missaggio decente è un po’ come pretendere di curare l’ebola con la Tachipirina. Questo esperimento privo di qualsivoglia anelito artistico catturerà di nuovo la mia attenzione quando, in un futuro indefinito e a fini introspettivi, ne analizzerò lo schema metrico e la scelta lessicale. Mi piace ascoltare questo pezzo che ho fabbricato per il mio diletto su una base yankee, tuttavia preferirei possedere la capacità di fare power metal, magari sfondando le casse altrui a forza di acuti prolungati e stupefacenti. Forse nella prossima vita.

Cogito tra gli atomi di Democrito
I drammi non si misurano col sistema metrico
Tra difetti e meriti cerco rimedi e medito
Ricordi archiviati come dati sopra un monitor
Mai attonito miglioro la mia persona
Indomito il pensiero come la forza che sprigiona
La mente respinge il male che la tange
La volontà vince contro tutte le frange
Nella natura cangiante sono il mio reggente
Non seguo il raggio della cultura struggente
Il tempo traduce in luce le ombre di un’epoca
La coscienza mi conduce fino all’ultima revoca
Si riepiloga la storia come per Caligola
Decollano parole tardive dalla mandibola
Non mi logora il ragionamento che mi vincola
Pace interiore come cingolo per ogni giornata singola

Ad ora tarda forse leggi Siddharta
Ma la cultura crea castelli di carta
A me non basta e voglio il timbro
Sul permesso di soggiorno per l’Olimpo

Ad ora tarda forse leggi Siddharta
Ma la cultura crea castelli di carta
A me non basta e voglio il timbro
Sul permesso di soggiorno per l’Olimpo

Redigo un dettato diretto da un daimon
All’inizio l’apeiron alla fine Lord Byron
Di sera mi appaiono frammenti inediti
Rivedo colpe fraintendimenti e fremiti
Pare che le prima di rado uno le erediti
Il cielo talvolta sembra un tetto di Eternit
Ipotesi d’eternità tra le infermità
L’apoteosi della realtà quando si ripete ciò che è stato già
Girovago senza lodi da tessere
Sono la prima persona del verbo essere
Palpebre serrate e trappole oniriche
Promesse scariche al cospetto di Osiride
Si ripete ovunque il giudizio di Paride
Altrove si schiude l’ennesima crisalide
Si consolidano tragedie insolite
Mi congedo dalla mia identità come un apolide

Ad ora tarda forse leggi Siddharta
Ma la cultura crea castelli di carta
A me non basta e voglio il timbro
Sul permesso di soggiorno per l’Olimpo

Ad ora tarda forse leggi Siddharta
Ma la cultura crea castelli di carta
A me non basta e voglio il timbro
Sul permesso di soggiorno per l’Olimpo

Una strega sui monti mentre molti la impalano
I solchi dei secoli sopra l’ipotalamo
Calano i sudari su ogni corpo diafano
Mano nella mano in un giuramento afono
Devoto a Persefone m’immedesimo in Ade
Tra determinate persone il tempo decade
Lunghe scalate sopra la tabula rasa
Satana lupus in fabula è chiamato in causa
Morte pausa reincarnazione
Samsara l’illuminazione
Minareti arroccati tra miliardi di battiti
Monaci sotto porticati ignorano lo shakti
Shock anafilattici senza punture
Letture di epitaffi colme di paure
Copernico riprese la teoria di un avo
Scoprì quanto affermò prima Aristarco di Samo

Ad ora tarda forse leggi Siddharta
Ma la cultura crea castelli di carta
A me non basta e voglio il timbro
Sul permesso di soggiorno per l’Olimpo

Ad ora tarda forse leggi Siddharta
Ma la cultura crea castelli di carta
A me non basta e voglio il timbro
Sul permesso di soggiorno per l’Olimpo

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13
Apr

Esternazioni generiche

Pubblicato mercoledì 13 Aprile 2011 alle 16:17 da Francesco

Mi sto riprendendo bene dal fuoriprogramma emotivo delle ultime settimane. Nei momenti bui io non ho una fede, un ideale, un progetto o una voce amica a cui aggrapparmi e difatti mi attacco sempre al cazzo. In tutti questi anni la masturbazione mi ha aiutato moltissimo a compensare le mancanze affettive, ma capisco che parlare di questa pratica in una certa maniera per parecchie persone sia ancora un tabù.
Se bastasse farsi le seghe per essere felici probabilmente la Terra sarebbe invidiata dal resto dell’universo, ma almeno nel mio caso mi hanno aiutato a sopportare lo stress, specialmente durante i momenti più parossistici. Immagino che la masturbazione non possa sostituire affatto i rapporti sessuali che coinvolgono gli innamorati, tuttavia non credo neppure che questo debba essere il suo proposito. Nella cultura italiana, che gronda cattolicesimo da ogni parte, è diffuso il senso di colpa, perciò l’onanismo (definizione prettamente cristiana) viene vissuto molto male da certi individui, tra i quali figurano anche taluni che pur proclamandosi atei non riescono a staccarsi dalle influenze culturali che la religione esercita sulla società.
Io stesso sono considerato uno sfigato sebbene tale epiteto mi venga rivolto sempre da tergo. Non posso e non voglio organizzare la mia vita per integrarmi in una rete di menzogne poiché pago già lautamente il mio dazio all’incoerenza e non voglio sobbarcarmi altri oneri. Anche tra persone con un certo grado d’istruzione noto come siano frequenti molti preconcetti che spesso trovo disarmanti, perciò in questi casi in me viene anche meno la voglia di dialogare o di avere uno scambio di qualsivoglia genere con la controparte. Quando non c’è intesa le parole fanno soltanto rumore e cadenzano la confusione. Io non sono nessuno e nessuno sono destinato a restare, perciò non entrerò mai nelle grazie di qualcuno che vuole vivere di luce riflessa e per mia fortuna manco ci tengo. Riesco a bastare a me stesso, ma è normale che in me sia presente il desiderio di nutrire qualcosa di profondo per qualcuno e di essere contraccambiato. Io devo continuare a coltivare i miei interessi senza preoccuparmi del tempo che passa né di quello che è già passato. Tanti prima di me hanno attraversato le stesse questioni e tanti altri dopo di me si troveranno a sbrigare le medesime faccende con loro stessi. Perché ricadere negli errori degli altri? La ripetizione dei propri forse non è abbastanza? Alla fine con le tribolazioni interiori me la sono sempre cavata. Sono i momenti in cui anch’io mi ricordo di poter desiderare davvero che mi spiazzano un po’, ma forse è inevitabile ed è anche un bene. Non pretendo di controllare ogni singolo evento della mia esistenza, ma non pretendo neppure di essere impassibile in quei rari casi in cui sperimento le sensazioni di vuoto e d’ignoto che sono diverse da quelle che vivo quando matura in me la convinzione che non ci sia nulla ad attendermi. Pare un grande casino. Per concludere questo appunto prolisso cosa dovrei scrivere? Opto per quanto segue: ‘sti cazzi.

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11
Apr

L’impraticabile via della perfezione

Pubblicato lunedì 11 Aprile 2011 alle 15:56 da Francesco

Domenica ho camminato per ventuno chilometri e per quasi tutto il tragitto ho accompagnato i miei passi alla lettura de “Il Maestro e Margherita”. Sono tornato a casa stremato e non per via della distanza che riesco a coprire agevolmente a corsa con ritmi sostenuti, bensì a causa del digiuno prolungato e involontario che ho protratto per circa ventitré ore. La spossatezza e la vicinanza dello stato ipoglicemico mi hanno chiarito le idee, perciò in futuro, qualora mi trovassi ad affrontare situazioni analoghe, potrei procurarmi deliberatamente lo stato psicofisico in cui sono piombato accidentalmente e per mezzo di questo sciogliere il bandolo della matassa.
Ho commesso un passo falso nell’introiezione di un evento per me assai raro e ancora una volta l’introspezione mi ha aiutato a scoprire lo sbaglio benché in questa occasione le sia servita una spinta notevole. Non escludo che le circostanze nella quali mi sono trovato a cogitare me le sia procurate inconsciamente, come se io avessi sviluppato delle difese immunitarie nel subconscio. In ogni caso ho compreso che posso mantenere ancora a lungo l’equilibrio tra il desiderio e la sua antitesi, perciò non devo preoccuparmi di compiere una scelta al più presto. Ho ingigantito un dolore e l’ombra di un gatto mi ha fatto credere che una tigre si stesse avvicinando verso di me. Ovviamente devo sopportare alcuni strascichi emotivi, però ciò non costituisce un problema. L’inesperienza mi ha tradito, ma l’intelligenza mi ha vendicato. Non sono perfetto, ma non cesso mai di provare a perfezionarmi. Per quanto sia banale e ricorrente, una citazione di Nietzsche risulta sempre veridica, però non voglio riportarla. Sono disposto ad alzare bandiera bianca a patto che al centro di questa campeggi un cerchio rosso, così da ricordarmi l’indole di un popolo con cui sono stato a contatto più volte e che supera ampiamente lo stoicismo.

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8
Apr

Terapia notturna

Pubblicato venerdì 8 Aprile 2011 alle 23:46 da Francesco

Fatico ancora ad addormentarmi e quando non mi alleno sono pervaso da una sensazione di stanchezza che non è imputabile agli sforzi fisici benché questi siano intensi e prolungati. Ogni tanto mi ricordo di avere quasi ventisette anni, però nel mio passato non c’è traccia d’amore che non sia quella materna e, con la complicità dell’insonnia, questa constatazione mi toglie sempre il fiato. Certe volte vorrei accelerare il tempo ed essere già anziano, almeno potrei stare in pace per gli ultimi anni della mia esistenza. Anche la sofferenza deve scomparire prima o poi perché neppure a lei è concessa l’eternità. Questi pensieri arrendevoli si presentano a me appena appoggio la nuca sul cuscino, però al risveglio scompaiono quasi tutti, come se venissero inceneriti dalla luce di ogni nuovo giorno. In passato la notte era il mio regno solitario, ora invece mi sento un clandestino tra le sue ore. Mi sembra di essere tornato adolescente dato che per calmare le mie ansie devo masturbarmi due volte al giorno.
Mi sto rendendo conto che presto o tardi dovrò scegliere se lasciare il mio cuore aperto o cospargerlo di cemento armato. Per tutti questi anni sono riuscito a stare da solo e allo stesso tempo sono stato pronto ad abbassare tutte le difese ogni volta che ne valesse la pena, ma sono sempre stato trafitto da delusioni potentissime. Se conservassi almeno un ricordo piacevole delle occasioni perse, se almeno avessi assaporato un po’ la complicità, fosse anche per un periodo brevissimo, allora oggi, forse, potrei resistere più a lungo. Sono giovane, ma non sono più un pischello e ormai fatico a tenere in equilibrio la solitudine assieme al desiderio d’amare: non ci sarà sempre posto per entrambi. Non provo rancore verso nessuno, ma non posso fare più di quanto le mie forze mi consentano. Se in passato fossi stato più superficiale e avessi cercato relazioni prettamente carnali forse la mia vita privata sarebbe stata più semplice, o almeno sarebbe esistita. Il sesso non mi incuriosisce perché immagino che senza amore sia soltanto una sega più articolata, ma suppongo che la mia inesperienza qualche volta abbia contribuito a precludermi certe occasioni. Forse anche la migliore delle donne vuole che altre l’abbiano preceduta, come a certificare la qualità del suo uomo. Sono certo che tutto passerà.

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