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Impugnando il rasoio di Occam

Di tanto in tanto, quando ero piccolo, udivo i discorsi esistenzialistici degli adulti e ogni volta mi ripromettevo che da grande non mi sarei mai perso in quelle stronzate. A distanza di anni credo di essere riuscito nel mio intento. Appaio insensibile perché non adotto né nutro angosce che di fatto non mi appartengono. Ad alcune persone risulta difficile fare quadrato attorno alle proprie vite senza disporre di almeno un lato tragico. Se fossi un estraneo farei notare a me stesso che una volta incontrati Euripide e Sofocle è difficile tornare indietro, ma possono bastare una fiction mielosa o quattro accordi orecchiabili per sortire gli stessi effetti su individui che militino presso altri livelli d’istruzione. La cultura può cambiare certe forme, ma credo che soltanto l’intelligenza possa divellerle e quest’ultima troppo spesso viene confusa con la prima benché riconosca che tra le due talvolta possa esserci un legame molto stretto.
Il vittimismo fa la fortuna dei falegnami, infatti c’è sempre qualcuno che vuole illudersi di portare una croce unica e inimitabile sulle proprie spalle. Credo che l’autocommiserazione talvolta possa costituire uno strumento utile, specialmente quando uno si trovi alle prime armi con se stesso e non abbia a disposizione quei mezzi che l’esperienza elargisce in seguito a chiunque sia ben disposto verso di lei, perciò considero il vittimismo come un errore di gioventù che al fine di essere propedeutico (questo è il paradosso che io ho rilevato) non deve ripetersi né ammaliare. A me non interessa stabilire verità o avere riscontri oggettivi da esibire per vanità intellettuale. Mi occupo di me e non ho bisogno di colonizzare il pensiero altrui per sentirmi vivo. Sono aperto al bene, anche di notte e durante i giorni festivi, però non lo faccio entrare quando si presenta con il male di qualcun altro. Non nuoccio mai a nessuno a meno che non debba difendermi.
In altri continenti ho provato scariche di libertà che poi ho saputo accogliere nuovamente nella mia terra natia. La malinconia brucia nell’atmosfera del mio cuore intonso e di conseguenza le è impossibile atterrare o atterrirmi. Potrei anche deglutire cucchiaiate di sconfitte e delusioni per il resto della mia esistenza, ma questa sciagurata ipotesi comunque non cambierebbe un cazzo. Nelle mie parole non si trova il senso del sacrificio né la ricerca dello stoicismo, vezzi eroici che devono essere conservati in una dose di ingenuità largamente maggiore rispetto a quella di cui io dispongo nelle mie peraltro già scarse riserve. Questo pianeta senza il genere umano forse avrebbe un aspetto migliore (almeno per i canoni umani, che però in questo caso risulterebbero assenti), ma per quanto sgradito, io non mi sento un ospite in colpa e mi mantengo sereno.

Francesco

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