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Verba et scripta

Talvolta mi sento completamente scemo a parlare italiano. Alcuni dei miei connazionali neanche si sforzano d’approfondire il loro idioma o prediligono l’uso del dialetto e in virtù di questo fatto credo che il numero di persone in grado di parlare la mia lingua sia inferiore rispetto a quello di qualsivoglia statistica. Il mio italiano non è impeccabile, però cerco sempre di limarne i difetti. Paradossalmente alcuni stranieri conoscono e padroneggiano la lingua italiana meglio di certi xenofobi che si masturbano con identità di carattere regionale o nazionale. È probabile che io riesca a comprendere e ad apprezzare maggiormente un discorso di Rula Jebreal rispetto al frasario di certi leghisti e limitatamente alla forma, poiché un confronto sulla sostanza sarebbe ingeneroso nei confronti delle camicie verdi. Tollero poco anche i dialetti meridionali benché trovi che alcuni siano meravigliosamente eufonici. Mi ritengo fortunato ad essere nato in Toscana e amo la mia lingua madre, tuttavia la considero utile quanto un diamante incedibile. Apprezzo chiunque sappia parlare e scrivere bene, compresi coloro verso i quali non provo simpatia alcuna. Potrebbe quasi sembrare che io confonda l’intelligenza con la cultura, ma più volte ho fatto notare come per me la prima possa prescindere dalla seconda e non è certo colpa mia se la carenza della seconda spesso faccia sospettare che anche la prima scarseggi. La scrittura è un gioco in cui sfido me stesso a commettere pochi errori, compresi i refusi, ma anche la lettura è un mezzo di cui mi avvalgo per esercitare l’attenzione. Credo che l’uso aulico della lingua consista nel decodificare sentimenti ed emozioni di qualsiasi natura, ma in special modo quanto riguardi l’amore e in particolare quelle espressioni che non di rado si spezzano in gola o vengono intonate ad una distanza eccessiva dalla spontaneità.
L’incapacità di comunicare e capirsi vicendevolmente produce disastri a ogni livello e su qualsiasi scala, ma io intavolo discussioni edificanti con me stesso e raramente mi fraintendo. Purtroppo non riesco sempre a farmi capire, tuttavia neanche ci tengo e talvolta snocciolo deliberatamente delle espressioni criptiche per scongiurare la rottura completa dei miei coglioni tra l’incudine e le incomprensioni. Dovrei convertire alcune parole in silenzi di sprezzo. Ancor oggi mi presto alle richieste dell’indignazione benché io sappia perfettamente quanto siano inutili. Questa epoca è ancora brutale e primitiva, perciò i cadaveri continuano a pesare più di qualunque discorso al cospetto di una greve gravità. Spero che in Italia le armi riprendano presto il diritto a dire la loro. L’età dell’oro pare lontanissima e per adesso mi accontenterei di un revival degli anni di piombo.

Francesco

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