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Dic

Comunicazione di servizio

Pubblicato martedì 21 Dicembre 2010 alle 22:04 da Francesco

Anche la fine ha una fine e di conseguenza lascia il campo ad un nuovo inizio, ma queste pagine non rientrano ancora nel cominciamento di un nuovo ciclo. Per problemi di codifica dei caratteri non posso scrivere in giapponese qua sopra (a meno di non farlo esclusivamente in romaji), perciò ho aperto un piccolo angolo su cui ho mosso timidamente il primo passo. Alla luce di ciò ho deciso che al termine del mio terzo libro tornerò a scrivere in questo spazio che si appresta a compiere il suo primo quinquennio. Inoltre continuo a covare un desiderio contrastante: interloquire con una filosofa alessandrina sperando che ciò non avvenga. Ah, amati paralogismi!

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10
Dic

Note finali

Pubblicato venerdì 10 Dicembre 2010 alle 17:18 da Francesco

Ogni cosa ha un inizio e una fine. Quasi cinque anni fa ho cominciato a riempire queste pagine virtuali. La scrittura mi ha aiutato a conoscermi meglio e mi ha dilettato enormemente. Ho tratto beneficio da questo strumento e sarei disonesto se affermassi il contrario. Non ho più motivi per continuare ad appuntare i miei pensieri e le mie esperienze poiché sono giunto ad un punto in cui la mia introspezione può camminare da sé, difatti non ho più bisogno di scandirla con i tempi verbali. Ogni parola in più costituirebbe soltanto uno sfoggio pacchiano delle mie conquiste personali e non voglio ridurmi ad un atteggiamento così miserabile.
In questi anni ho dialogato con varie persone, alcune gradevoli e altre meno, ma nel bene e nel male non posso covare una stima autentica né un disprezzo altrettanto sincero  per chicchessia poiché non ci sono stati contatti nella vita reale e per me l’unico confronto valido è quello che avviene vìs-à-vìs, nella realtà, dove le parole hanno un peso e portano in grembo conseguenze positive o negative. Frequento il Web dal secolo scorso e conosco i protocolli che regolano Internet, sia sotto l’aspetto informatico che sociologico, perciò non denigro lo strumento che mi ha permesso di apprendere molte nozioni e di cui continuerò ad avvalermi finché non verrà soppiantato da una nuova tecnologia, tuttavia devo constatare come l’aumento dell’accesso alla banda larga abbia convertito in dati le frustrazioni di molte persone. Parecchi utenti, forti dell’anonimato, si scagliano l’uno contro l’altro o si coalizzano per denigrare il prossimo, tuttavia il fenomeno ha assunto dimensioni tali che non è più classificabile come il buon vecchio trolling e ha finito per candidarsi al rango di malattia mentale. Chiunque conduca una vita soddisfacente non ha motivo alcuno per tediare i suoi simili, ma a questo mondo ci sono molti individui instabili che odiano sé stessi e che non fanno nulla per migliorarsi, perciò a costoro non resta che il rifugio virtuale per cercare di commettere quei soprusi che subiscono nella vita reale: insomma, un po’ come nel caso di quei pedofili che diventano tali dopo essere stati delle vittime.
Ovviamente, oltre ai deboli suddetti, vi sono poi disgraziati di varia natura che si avventurano in Rete e dai quali è facile essere contattati: ragazze complessate, persone in cerca di attenzioni, truffatori e altri anelli mancanti dell’evoluzione umana; un girocollo di coglioneria purissima.
Non ho nulla contro questi soggetti sebbene io ritenga che siano carne da lager o spazzatura che dovrebbe scivolare giù dalla Rupe Tarpea, dunque sono felice di potermene liberare poiché per anni, a fasi alterne, me li sono dovuti sorbire. Comunque avrei preferito compiere più atti di cortesia ed essere stato maggiormente d’aiuto piuttosto che aver augurato malattie incurabili e sciagure apocalittiche, ma d’altronde mi sono sempre limitato a dare ciò che ricevevo e non ho mai rotto i coglioni a nessuno né ho mai insultato qualcuno gratuitamente.
Per fortuna nella vita reale sono più le volte in cui mi posso dimostrare una persona civile e cortese rispetto alle occasioni in cui devo alzare la voce o le mani (evenienza quest’ultima che si è verificata una sola volta e che mi ha procurato una denuncia poi ritirata: non ne vado fiero sebbene per qualcuno possa costituire un vanto).
La mia introspezione l’ho pagata con la costanza e con pezzi di pazienza sonante, ma io credo che ne sia valsa la pena. Mi sono affrancato da tante cose che continuano a devastare le vite dei miei simili e alcune ho avuto persino la fortuna di poterle sradicare senza manco doverle esperire, perciò mi reputo anche un po’ bravo oltreché fortunato. Continuerò a scrivere, ma per dare forma al mio terzo libro e in questo modo mi sarà più facile amministrare le idee, senza doverle spartire tra queste pagine e quelle di cellulosa. Non escludo di tornare a scrivere qua sopra, ma soltanto se la mia conoscenza della lingua giapponese si amplierà talmente da consentirmi di appuntare dei pensieri di tanto in tanto: qualora questa circostanza dovesse verificarsi farò in modo di accompagnare ogni appunto con il testo in romaji.
Mi attende un nuovo viaggio in Estremo Oriente: denaro contato e tanto spirito d’adattamento. Ho tanti chilometri ancora da correre, molte pagine da scorrere, nessuno da soccorrere e tempo per soccombere all’ineluttabile fine dei giorni; pesi da alzare e mansioni scarsamente retribuite oltreché socialmente irrilevanti da svolgere. Sono contento e malgrado tutto auguro felicità e prosperità anche alle teste di cazzo in cui mi sono imbattuto in questi anni: per i buoni, l’augurio è sottinteso. Sarò ancora presente, sporadicamente, su qualche social network per tenermi in contatto con quei quattro gatti che mi stanno simpatici e che non ho modo d’incrociare spesso nella vita di tutti i giorni. Dovrei uscire in libreria tra un mese, ma è anche possibile che salti tutto qualora il mio editore si dimostri mestruato. Sinceramente, non me ne frega proprio un cazzo poiché sono un narcisista soltanto davanti allo specchio. La mia e-mail resta aperta per lo spam.

Quasi dimenticavo d’aggiungere a questa chiusa una citazione di Emil Cioran nella quale mi rivedo pienamente: “Tutti parlano di teorie, di dottrine, di religioni, insomma di astrazioni; nessuno di qualcosa di vivo, di vissuto di diretto. La filosofia e il resto sono attività derivate, astratte nel peggior senso della parola. Qui tutto è esangue. Il tempo si converte in temporalità, ecc. Un ammasso di sottoprodotti. D’altro canto gli uomini non cercano più il senso della vita partendo dalle loro esperienze, ma muovendo dai dati della storia o di qualche religione. Se in me non c’è niente che mi spinga a parlare del dolore o del nulla, perché perdere tempo a studiare il buddhismo? Bisogna cercare tutto in sé stessi, e se non si trova ciò che si cerca, ebbene, si deve lasciar perdere. Quello che mi interessa è la mia vita. Per quanti libri sfogli, non trovo niente di diretto, di assoluto, di insostituibile. Dappertutto è il solito vaniloquio filosofico”.

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5
Dic

A ritroso verso il futuro

Pubblicato domenica 5 Dicembre 2010 alle 19:36 da Francesco

Morte, dolore e distruzione non stancano mai la mia specie. Se questo pianeta implodesse forse neanche la Luna se ne rammaricherebbe. Oltre a quei riminali che detengono il potere o lottano per conseguirlo, anche i delinquenti comuni s’impegnano a svenare le vittime dell’onestà: i primi adoperano decisioni scellerate mentre i secondi ricorrono ad armi bianche e carenza di scrupoli. Paradossalmente ad un condannato viene concessa una seconda chance quando invece a certi incensurati viene impedito persino un primo tentativo d’inserimento nella società.
Malgrado l’opinione illuminata di taluni, questo mondo non è ancora maturo per abbandonare la pena di morte e la tortura, ma a quanto pare le illusioni morali valgono più delle vite innocenti. Personalmente non abbasso mai la guardia e finora soltanto una volta sono dovuto ricorrere a mezzi drastici per tutelarmi. Purtroppo non confido molto nella legge e mi auguro di non doverla mai infrangere per salvaguardarmi, tuttavia, se fossi messo alle strette, tra un brutto processo e un bel funerale io opterei per il primo. Non ho manie di persecuzione né ho ragione di temere per la mia incolumità, almeno per adesso, ma non permetto affatto alla tranquillità interiore di ottundere la capacità di reagire ed è per questa ragione che mi creo deliberatamente un po’ di tensione. Gli istinti che assoggettano alcuni dei miei simili sono il retaggio incorrotto dei primati da cui io stesso discendo. Per quanto possibile, cerco di farmi scivolare addosso ogni cosa, ma allo stesso tempo mi impegno a non anestetizzarmi il cuore.
Il male è banale, il gusto del sangue è infantile, il sadismo è il sinonimo in pectore dell’idiozia e qualunque forma d’esaltazione di tutto ciò è il segno inequivocabile della stupidità. Il fanatismo e le ossessioni mi disgustano. Chiunque, normodotato e privo di turbe psichiche, non riesca ad avere un certo controllo su di sé, ebbene, mi disgusta e lo considero il tassello di un mosaico funebre. Il cinismo è un balocco economico, robetta da bambini arguti che a parte l’acume non hanno granché con cui riempirsi. Le parole sono vacue, tremendamente vacue. Mi fa vomitare il piacere intellettuale che scaturisce dalle conversazioni brillanti e già fatico a tollerare quanto mi trovo a scrivere di tanto in tanto. Vedo ovunque la ricerca spasmodica dell’approvazione altrui e non importa che essa venga perseguita attraverso un chirurgo plastico o con l’ausilio di citazioni dotte poiché la matrice è la medesima. D’altro canto anche la negazione dei valori e il desiderio di scandalizzare il prossimo mi urta i nervi per l’alto tasso di banalità che irradia.
Devo trattenere più frasi o cancellarle ancor prima di scriverle. Devo compiere sforzi maggiori per attenermi al silenzio. Per un periodo voglio negarmi a me stesso e tacere ancor di più. Devo scrollarmi di dosso i discorsi che assecondo e la confidenza che concedo. Alle porte dell’inverno io mi presento muto e sereno.

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1
Dic

Verba et scripta

Pubblicato mercoledì 1 Dicembre 2010 alle 19:33 da Francesco

Talvolta mi sento completamente scemo a parlare italiano. Alcuni dei miei connazionali neanche si sforzano d’approfondire il loro idioma o prediligono l’uso del dialetto e in virtù di questo fatto credo che il numero di persone in grado di parlare la mia lingua sia inferiore rispetto a quello di qualsivoglia statistica. Il mio italiano non è impeccabile, però cerco sempre di limarne i difetti. Paradossalmente alcuni stranieri conoscono e padroneggiano la lingua italiana meglio di certi xenofobi che si masturbano con identità di carattere regionale o nazionale. È probabile che io riesca a comprendere e ad apprezzare maggiormente un discorso di Rula Jebreal rispetto al frasario di certi leghisti e limitatamente alla forma, poiché un confronto sulla sostanza sarebbe ingeneroso nei confronti delle camicie verdi. Tollero poco anche i dialetti meridionali benché trovi che alcuni siano meravigliosamente eufonici. Mi ritengo fortunato ad essere nato in Toscana e amo la mia lingua madre, tuttavia la considero utile quanto un diamante incedibile. Apprezzo chiunque sappia parlare e scrivere bene, compresi coloro verso i quali non provo simpatia alcuna. Potrebbe quasi sembrare che io confonda l’intelligenza con la cultura, ma più volte ho fatto notare come per me la prima possa prescindere dalla seconda e non è certo colpa mia se la carenza della seconda spesso faccia sospettare che anche la prima scarseggi. La scrittura è un gioco in cui sfido me stesso a commettere pochi errori, compresi i refusi, ma anche la lettura è un mezzo di cui mi avvalgo per esercitare l’attenzione. Credo che l’uso aulico della lingua consista nel decodificare sentimenti ed emozioni di qualsiasi natura, ma in special modo quanto riguardi l’amore e in particolare quelle espressioni che non di rado si spezzano in gola o vengono intonate ad una distanza eccessiva dalla spontaneità.
L’incapacità di comunicare e capirsi vicendevolmente produce disastri a ogni livello e su qualsiasi scala, ma io intavolo discussioni edificanti con me stesso e raramente mi fraintendo. Purtroppo non riesco sempre a farmi capire, tuttavia neanche ci tengo e talvolta snocciolo deliberatamente delle espressioni criptiche per scongiurare la rottura completa dei miei coglioni tra l’incudine e le incomprensioni. Dovrei convertire alcune parole in silenzi di sprezzo. Ancor oggi mi presto alle richieste dell’indignazione benché io sappia perfettamente quanto siano inutili. Questa epoca è ancora brutale e primitiva, perciò i cadaveri continuano a pesare più di qualunque discorso al cospetto di una greve gravità. Spero che in Italia le armi riprendano presto il diritto a dire la loro. L’età dell’oro pare lontanissima e per adesso mi accontenterei di un revival degli anni di piombo.

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