Durante certe ricerche ho incontrato più volte la figura di G. I. Gurdjieff, ma ho sempre avuto un approccio superficiale e quasi derisorio nei suoi confronti. L’esoterismo mi fa sorridere, anche se devo riconoscerne il fascino evocativo e attribuirgli il merito d’aver ispirato degli episodi letterari piuttosto interessanti. Malgrado la mia ritrosia cerco di attingere qualcosa dal metodo della cosiddetta “Quarta Via” e in particolare mi riferisco al ricordo di Sé e agli esercizi sull’attenzione. Non sono disposto a seguire un maestro in tematiche tanto delicate benché il sistema suddetto preveda l’indispensabilità di una supervisione. Credo che i metodi e le dottrine vengano erosi dal tempo e dalle sofisticazioni a cui quest’ultimo sottopone qualsiasi pratica che debba essere tramandata. Io mi avvalgo di un sincretismo personale a cui aggiungo o sottraggo pezzi in base alle mie esigenze e da cui bandisco categoricamente qualsiasi forma di spiritualità, tuttavia non vedo di buon occhio neppure la filosofia e mi sento fortunato ad averne una conoscenza ridotta. Punto ad affinare la padronanza della mente e del corpo, ma allo stesso tempo compio lo sforzo quasi paradossale d’identificarmi il meno possibile con tale scopo per preservarne l’autenticità. Quanto sono carezzevoli sull’Ego gli effetti delle discussioni “profonde”? Quanta vanità s’origina nella trattazione di certi argomenti? Per quanto possibile cerco d’evitare queste “soddisfazioni” intellettuali. L’identificazione è un problema gravoso, un male congenito, al quale Krishnamurti ha dedicato le parole migliori che abbia mai letto su questo tema e di cui ho già fatto menzione in altri appunti.
Avverto la necessità naturale di conoscermi e la mia indagine non è dettata da alcun malessere. Se non avessi assecondato il bisogno di scoprirmi probabilmente la mia esistenza ne avrebbe risentito pesantemente. Non sono mai stato indotto né introdotto all’introspezione, bensì alla direzione contraria. All’inizio l’autoanalisi mi ha fatto correre dei rischi notevoli, viscerali e pregni di paura, ma poi mi ha ricompensato. Non mi è stato tolto nulla perché sotto certi aspetti non avevo nulla e continuo a non “possedere” alcunché. Quali forme nefaste avrebbero assunto le mie mancanze emotive se io non fossi stato in grado d’inquadrarle in modo distaccato? Tutto ciò non è mera teoria né un coacervo di considerazioni bislacche, bensì è reale e tangibile perché io sono ancora integro e cammino a passo spedito.
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