Ovunque mi pare d’intravedere individui che non amino sé stessi. Odo e leggo critiche ripetitive verso la società civile da cui certuni cercano di differenziarsi tramite l’uso della parola e solo di questo, ma tali acuti osservatori mi paiono dei poveri imbecilli allo sbaraglio, inetti alla ricerca di attenzioni che non sanno procurarsi in un modo meno subdolo. Ammiro chiunque sia votato al miglioramento di sé, ancor più di chiunque si dedichi alla filantropia e non escludo affatto che le due pratiche possano viaggiare di pari passo. Ho l’impressione che qualcuno reputi un’azione indegna d’essere compiuta se quest’ultima non presenti alcuna possibilità di raggiungere la considerazione altrui. Io nego sempre l’idea che la mia persona possa risultare gradevole o addirittura interessante benché la realtà non sia così netta, ma questo approccio mi permette più facilmente di non forzare né viziare (perlomeno coscientemente) i miei comportamenti affinché combacino con la simpatia degli estranei o dei conoscenti. Cerco di pormi al di là delle formalità e talvolta mi vedo un po’ irruento, volgare, inopportuno, irriverente, insolente, troppo distaccato o eccessivamente aperto, ma credo che questa maleducazione apparente sia un prezzo ragionevole da pagare per salvare il salvabile in termini di autenticità. D’altronde sto attento anche alla attenzioni che riservo ai miei gesti e cerco d’evitare che s’incanalino in automatismi difensivi. Voglio stare tra due forze contrarie, senza (di)pendere troppo da una parte o dall’altra.
Credo che la suggestione sia la più grande nemica di un comportamento sincero e la trovo un’avversaria abile poiché la sua forma cambia di persona in persona, di circostanza in circostanza. Non credo che la confidenza riduca l’incidenza dei gesti manierati, anzi, suppongo che in alcuni casi possa provocarne una cristallizzazione e difatti mi è capitato più d’una volta di percepire dei discorsi artefatti in un gruppo apparentemente affiatato di persone. Ovviare a tutto questo comporta la necessità di mantenere una certa soglia di attenzione e talvolta, quando la stanchezza è troppa, mi permetto di delegare la comunicazione a delle reazioni quasi meccaniche di cui le frasi di circostanza sono un ottimo esempio.
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