Tortelli di zucca nel piatto e ciliegie scure in una ciotola bianca. All’esterno i miei gatti non badano al canto delle cicale e assumono posture inconsuete per offrirsi all’ozio estivo. Mangio lentamente e inframmezzo le forchettate con acqua naturale a cui aggiungo piccole fette di limone. Di solito, prima di lanciarmi nella digestione, lavo a mano le stoviglie. Non ho rospi da mandare giù né voglio trasformarmi in uno di loro per estorcere un bacio a una principessa, però qualche salto improvviso lo compio anch’io in queste righe indeterminate. La parte del mondo in cui vivo è opulenta, però anche all’interno del suoi confini la serenità rimane un lusso che per fortuna io riesco ancora a permettermi senza accollarmi tribolazioni né fisime. Non devo lasciarmi avviluppare dal fascino atarassico di una condizione per me abituale, ma quest’ultima l’accolgo volentieri fintantoché qualcosa di più elevato non reclami il suo posto nella mia interiorità. Per adesso sono vivo, sano e giovane: tre caratteristiche affatto scontate. Non ho alcunché di cui lamentarmi sebbene il quadro della mia personalità sia ancora incompleto. Per quanto è in mio potere, io cerco di evitare le istanze e le rimostranze. Sono grato a mia madre per avermi messo al mondo, ma lo sono ancor di più miei confronti per essermi stato vicino. Voglio annotare una frase di cui non ricordo l’autore: “Prenditi cura del corpo e della mente, così loro si occuperanno di te”. Non è nulla di trascendentale la citazione approssimativa che si trova alle spalle dell’ultima lettera maiuscola, però la trovo ugualmente meravigliosa. Ci sono cose che potrei fare meglio e altre che dovrei fare e basta, ma in entrambe le circostanze soltanto il condizionale è d’obbligo. Mi piace innaffiare il prato mentre leggo. Riservo sguardi torvi alle rose perché alcuni dei miei vecchi palloni hanno impattato più volte contro le loro spine e si sono sgonfiati definitivamente come la boria di taluni dinanzi alle armi semiautomatiche di altri.
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