Immagino che il malumore in una mente chiusa si propaghi come il monossido di carbonio. Non ho motivi particolari per gioire né per rattristarmi, ma questa neutralità imperfetta non mi infastidisce. Mediamente sono tranquillo e talvolta ho dei picchi d’entusiasmo che compensano oltremodo i rari scivoloni del mio umore. Esistono eventi di grande portata emotiva che per adesso mi sono ignoti quanto gli orizzonti di cui può godere un astronauta, ma non sento l’urgenza di scoprire nuove sensazioni e non escludo che tali moti interiori per me possano restare avvolti nel mistero. In me non si trova una malinconia latente, altrimenti scriverei poesie dozzinali. Ogni malattia ha le sue caratteristiche: la diarrea porta con sé colate di merda e la malinconia concatena idiozie altrettanto maleodoranti di cui la poesia è spesso la sintesi stercoracea. Troppo spesso la sensibilità viene associata alla tristezza, ma io credo che un accostamento simile non sia sempre corretto. Qualche giorno fa ho visto e immortalato un roditore che avrebbe avuto dei buoni motivi per intonare il de profundis, ma per fortuna i suoi squittii non si sono trasformarti in un plagio di Pablo Neruda. L’immagine sottostante mostra la bravura dei miei piccoli gatti e fa parte delle fotografie che aggiorno di tanto in tanto nelle gallerie di questo angolo virtuale. Quel fottuto topo mi ha svegliato nel cuore della notte, un errore madornale, e la mattina seguente ho adunato tre dei miei migliori felini che ancora una volta non mi hanno deluso. Miao.
Parole chiave: felini, impasse, malumore, Pablo Neruda, topo