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L’attesa

Stamane sono andato dal mio dottore per mostrargli le analisi che ho fatto al pronto soccorso ed egli mi ha prescritto un farmaco e un esame completo delle urine, inoltre mi ha prospettato un altro controllo per accertare l’eventuale presenza di cellule tumorali nella vescica. Io non escludo nulla, perciò mi aspetto anche un esito infausto benché le analisi in mio possesso facciano presumere che l’episodio di ematuria sia scaturito da una scarsa idratazione. Se dopo tutti gli accertamenti la diagnosi dovesse tradursi in un cancro alla vescica potrei considerare la faccenda come un bel problema del cazzo, in senso quasi letterale. L’ipotesi peggiore potrebbe portarmi alla morte nel giro di qualche anno, però l’unica cosa che mi spaventa è il dolore fisico e in particolare la sua durata. Se ci fosse un dio mi ci rivolgerei come a un cameriere: “Scusi, se fosse possibile vorrei vivere ancora un po’, grazie”. Sono abituato a non aspettarmi nulla di buono anche se questa consuetudine non intacca la serenità di cui godo spesso e pienamente. Forse la storia finirà con una risata da parte mia e il ludibrio di queste parole pompose sempre per mano del sottoscritto, tuttavia se il finale dovesse rivelarsi un altro, lo accetterò senza drammi. Mi piace molto un passaggio di “Fisiognomica” di Franco Battiato a cui è volata la mia mente in questi giorni: ” Vivere venti o quarant’anni in più è uguale, difficile è capire ciò che è giusto e che l’Eterno non ha mai avuto inizio, perché la nostra mente è temporale e il corpo vive giustamente solo questa vita”. In ogni caso, al mio funerale, che sia nell’immediato futuro o in futuro remoto, vorrei che qualcuno suonasse un celebre pezzo di Zakk Wylde, “Farewell Ballad”, che da solo vale più di tante discografie messe assieme e dimostra quanto talento possa essere compresso in un minuto e mezzo.

Francesco

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