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Lo stivale infangato

Non sostengo alcuna fazione politica, però mi lascia perplesso il parto di una legge che modifichi la regolamentazione delle intercettazioni telefoniche. In quanto cittadino italiano non temo per la mia privacy e trovo preoccupanti le misure che il governo intende adottare per sanzionare l’editoria nel caso in cui quest’ultima pubblichi delle trascrizioni sgradite. Ogni tipo di controllo dovrebbe essere sostenuto da chiunque non abbia nulla da nascondere e mi pare che per l’abuso di certi strumenti d’indagine siano già previste delle pene. Credo che alla giustizia italiana dovrebbero essere forniti più mezzi legislativi e maggiori risorse economiche come d’altronde è lecito aspettarsi da un governo di destra, ma in realtà al momento non esiste una destra in Italia e tutt’al più se ne può trovare una caricatura grottesca negli ambienti estremisti di Forza Nuova. Il mio sogno rimane una destra anticlericale, ma immagino che una formazione politica di questo genere sia destinata a restare un’utopia. Disprezzo la mancanza d’ordine e il lassismo che imperano ai vari livelli dello Stato. In Italia lo spirito nazionale si risveglia soltanto durante le competizioni calcistiche o in ogni altra disciplina nella quale gli atleti nostrani riescano a esporre il tricolore, dunque si tratta di un nazionalismo triviale, volto a carezzare la vanità identitaria di un popolo sregolato e si manifesta di rado in un senso di appartenenza alle istituzioni della Repubblica. Dal secondo dopoguerra in Italia lo spirito patriottico è stato spesso accostato alla nostalgia del ventennio fascista e ha lasciato ampio spazio alla proliferazione dell’ipocrisia cattolica che paradossalmente proprio durante il periodo dittatoriale ha cominciato a insinuarsi come una metastasi lungo tutto lo stivale: questa, almeno, è la mia interpretazione storica. Sono la persona meno adatta a fregiarsi del titolo di campanilista, ma cerco di essere obiettivo per comprendere meglio l’alta frequenza con cui gli italiani se lo buttano al culo vicendevolmente. Auguro ai miei coetanei di formare in futuro una classe dirigente che sappia fare l’interesse della collettività senza perdersi in dualismi anacronistici e nocivi. Vorrei che i magistrati competenti potessero continuare a servire lo Stato invece di essere ostacolati dai vertici di quest’ultimo e desidererei che l’informazione continuasse a documentarne l’operato senza plasmare la cronaca secondo le necessità di un politico, di un imprenditore o di qualunque altra figura di spicco. Intanto continua a fare eco nella mia testa la morte recente di un’infermiera che in segno di protesta per la mancata retribuzione si è letteralmente svenata. Quest’epoca è ancora barbara, ma nulla rimane com’è e un cambiamento in meglio o in peggio è inevitabile: già questa certezza rallegra le mie giornate parche.

Francesco

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