La stesura del mio secondo libro procede bene e probabilmente la terminerò prima di giugno. È un testo che in parte riprende, completa e si distacca dal mio primo sforzo letterario, sempre che io possa qualificare quest’ultimo in tal modo. Quando conclusi la redazione de “La masturbazione salvifica: diario agiografico di un onanista” eseguii un po’ di autocritica a causa di alcuni punti deboli nel risultato finale che a mio avviso coesistevano con episodi stilistici piuttosto pregiati e fu anche per la consapevolezza della qualità parziale del testo che non mi dedicai alla ricerca di una casa editrice. Questa volta potrei proporre il mio scritto al mercato editoriale perché lo ritengo impeccabile e non ho ragione di temere che la stesura delle pagine mancanti possa pregiudicare il lavoro che ho compiuto finora, tuttavia considero abbastanza remota l’evenienza di una mia pubblicazione. Ho scelto di adottare nuovamente la formula introspettiva benché all’inizio mi fossi orientato verso un romanzo di stampo surreale. Non sono bravo a inventare storie a meno che non abbiano caratteristiche di verosimiglianza. Per quanto possibile credo che la mia scrittura debba indugiare sulla realtà, tuttavia ciò non significa che nell’osservazione di questo precetto stilistico io non possa avvalermi di contenuti e metodi estremamente diversi. In futuro mi piacerebbe scrivere qualcosa a quattro mani, ma difficilmente m’imbatterò in qualcuno che sia disposto a realizzare una collaborazione di questo genere. La mia introspezione s’espande senza posa come l’universo in cui è rinchiusa e al contempo mantiene la stabilità della mia armonia. Io carezzo la contentezza. Alcune cose che scrivo sembrano puttanate new age, ma d’altronde non conosco un modo per rendere esplicito e tangibile ciò che non lo è. La felicità non si presta bene alle conversazioni, al massimo alle odi private, ma per il resto credo che debba essere un’esperienza diretta, personale e concreta.
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