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Corollario simpatetico

La vita mi esalta in tutti i suoi aspetti. Non ho ancora concluso la mia parabola ascendente. Mi sento in grado di attraversare qualunque evento e non c’è nulla che mi spaventi veramente. Al massimo posso temere in una certa misura il dolore fisico che può precedere la morte, ma non provo alcuna forma di paura verso le altre ramificazioni della vita. A differenza di molti altri sono io che chiedo il pizzo ai demoni di Dostoevskij e non viceversa. Col cazzo che mi lascio ingannare da me stesso e non appunto queste considerazioni per ritenermi superiore a qualcuno; non è una gara, in questo ambito l’agonismo è soltanto un monologo e non vi è posto per la iubris a meno che non si scelga di scadere nel patetismo. Frantumo difficoltà apparenti mentre mi gratto lo scroto e sputo in faccia a ogni portabandiera di falsi drammi. La solfa è sempre la stessa, ma forse è meglio che io la consideri una sinfonia. Non celebro il machismo che maschera insicurezze né l’ostentazione altrettanto ridicola di un atteggiamento superiore, bensì mi attengo a una rappresentazione fedele della leggiadria con la quale plano in mezzo alla mia esistenza. Il reparto dei masochisti è affollato e c’è una lunga fila all’entrata; io invece continuo a farmi tatuare un’indole a forma di aretè sulla personalità. Non penso che per vivere a pieno occorra lasciarsi irretire in complicazioni inutili, ma è pur vero che uno spettacolo senza scenografia non può essere apprezzato da chiunque. Grazie al cielo non mi devo preoccupare di chi sta in terra e posso crogiolarmi nel mio innocuo egoismo. Il modo migliore per concludere questo coagulo volitivo è “Mother” dei Danzig, uno dei miei pezzi preferiti in assoluto che ascolto regolarmente da quando sono ero minorenne: mi chiedo se sia stata una semplice disattenzione o un errore sul quale indagare… (ah ah ah)

Francesco

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