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Au revoir

Mancano poco più di dodici ore alla mia partenza per Tokyo. Prima di raggiungere la capitale nipponica farò una sosta di qualche ora a Helsinki. Questa non è la prima né sarà la mia ultima presenza in Giappone, a meno che io non perisca nell’alto dei cieli o in terra straniera. Mi piacciono i viaggi ad alta quota e sono contento dei due scali che mi attendono tra l’andata e il ritorno perché mi daranno la possibilità di godermi quattro decolli. Ho già volato in aereo diciotto volte, ma il mio entusiasmo non è ancora scemato. La zona in cui abito ogni tanto è sorvolata dagli aerei di linea che operano a Fiumicino e quando ne vedo uno o ne sento il rumore non posso fare a meno di volgere il mio sguardo verso l’alto per ammirarne l’apertura alare. Ogni tanto nei miei paraggi si può vedere un C-130 dell’Aeronautica Militare e d’estate, con i piromani a piede libero, non è raro scorgere un Canadair. Come al solito il mio bagaglio sarà leggero e anche questa volta non mi porterò dietro un programma da seguire, ma darò carta bianca alla mia estemporaneità per un’abitudine inveterata che mi ha regalato momenti eccezionali. Il volo non rientra nella natura dell’uomo ed è per questo motivo che mi esalta il modo in cui i miei antenati si sono impadroniti del cielo. Non so se avrò modo di scrivere su queste pagine qualche appunto durante la mia permanenza nel Sol Levante, tuttavia per mia consuetudine farò un video e scatterò qualche fotografia. Alla vigilia di ogni partenza mi viene sempre in mente una citazione che apprezzo molto e che io ritengo pregna di gioia sebbene a una prima lettura (o meglio, a un primo ascolto) faccia pensare a tutt’altro: “Come uno straniero non sento legami di sentimento e me ne andrò”.

Francesco

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