I find it hard to describe my thoughts in English because my writing style has less freedom than I can get it with Italian. Expressing myself in another language is like learning to walk again. I sometimes feel like a stranger in my own nation and this feeling makes me exalted. During the last months I’ve often heard the rain’s noise but I haven’t touched a wet woman yet in my entire life. The winter doesn’t bring me down and I enjoy every season of the year. It doesn’t matter if it’s cold or hot outside. Inside of me there is always a warm force that burns any kind of problems. I don’t care if my words sound artless or twisted. In many parts of the world people suffer and die but I don’t feel guilty about this. The nature is cruel but this is how things go in the world at this stage of human development. Maybe my thoughts are brutal but at least I’m honest and I don’t pretend to feel sorry. Some good purposes are made by lies and fake emotions and some people use them to look kindhearted. There are many cowards that claim to be part of a solution but I suppose that real heroes don’t waste their time waiting for claps. Every now and then someone tries to show me how the world can be changed but that kind of stuff makes me always laugh. All I can do is try to be a good person, right here, right now. I don’t bear burdens to avoid the void and I don’t need to fill my lifetime with any kind of reasons. The foolishness sets many traps to poison human lives with grief and sadness. I like being alone for long periods but this doesn’t mean that I dislike people. At the first sight loneliness can be scary but I think that is a great way to read inside of me and I’ll never be tired to repeat this.
Another language for the same things
Pubblicato domenica 22 Febbraio 2009 alle 00:46 da FrancescoI have chosen to write my coming remarks in English because my natural language has bored me. I can’t handle English as well as Italian and my grammar sucks donkey balls, but I don’t fear mistakes at all. Wherever I have been, I have always made myself understood. I don’t know how long I will keep this going. Maybe in the future I will switch back to Italian. The last days have been pleasant and they will not be the last ones. I am working on my second book and until now I have written twelve pages. Once more the main theme will concern introspection and this time there will be more conversations. The coming book is partially linked to previous one and I have no idea when I’ll be able to release it. I am not a writer and I don’t want to be one. I think it is funny that I am using English to describe my Italian stuff. Everyday my time is filled with quiet moments and there is no way my life can be weakened by any kind of sadness. My feelings are the healthy sons of a self-knowledge. Inside of me there isn’t place for beliefs but at the same time I trust in humankind’s strength. I try to look at myself beyond what happens to me. I keep doing my inner work because in the last couple of years I’ve been amazed by my personal growth. I suppose that a lot of people try to get some answers about world and life, but all I want is to know my mind’s rules. The everlasting questions of human existence don’t scare me and I don’t need to discover what commonly is called “truth”. My joy has a strange aspect and it seems like a form of serendipity. “Serendipity” can’t be translated in Italian, but I can feel his meaning.
Qualche sera fa ho visto “Good Will Hunting” e l’ho apprezzato per buona parte della sua durata. Il film sotto certi aspetti mi ha ricordato “Scoprendo Forrester” (che è uscito tre anni dopo) e ovviamente “L’attimo Fuggente”. Probabilmente non riguarderò mai questa pellicola, tuttavia rivedrò volentieri un suo spezzone in cui Robin Williams parla al protagonista dando vita a quello che io ritengo il momento più alto di questa storia; si tratta di alcuni minuti che a mio avviso da soli valgono la visione di tutto il film. Mi auguro che il video sottostante non venga eliminato da YouTube affinché possa rivederlo in futuro senza doverlo appuntare nuovamente.
Da un po’ di tempo a questa parte ho ripreso a seguire le vicende calcistiche dopo diversi anni di profondo disinteresse. Già durante la scorsa stagione avevo cominciato ad avvertire la recrudescenza calcistica. Quando ero un ragazzino tifavo per la Juventus mentre oggi mi limito a sostenere la Francia. Quest’anno la Seria A ha offerto uno spettacolo piacevole e ci sono diverse partite che mi hanno tenuto incollato davanti al televisore. L’azione più bella che abbia visto in questa stagione è un’accelerazione incredibile di Pato su Mexes che ha portato il milanista a segnare un gol stupendo, ma anche il gol di Quagliarella contro il Napoli è stato qualcosa di impressionante e mi ha fatto sorridere come lo stesso attaccante dell’Udinese si sia meravigliato delle sua prodezza durante l’esultanza. Per quanto riguarda esclusivamente la Serie A dovrei annotare più di un gol di Ibrahimovic che al momento reputo il giocatore più forte al mondo, appena sopra Cristiano Ronaldo, Messi e Kakà. A me sono sempre piaciuti i fantasisti anche se ultimamente non se ne vedono molti e ricordo ancora quando Gianfranco Zola era uno dei più grandi rappresentanti di questa categoria. Durante la prima parte della stagione mi ha colpito il Catania di Walter Zenga (che ho trovato davvero divertente in una querelle televisiva con Variale) mentre in questa seconda parte del campionato penso che sia quasi inevitabile plaudire ai risultati un po’ sorprendenti del Genoa e del Cagliari. Io prediligo sempre Franck Ribery perché la sue giocate e il suo modo di intendere il calcio mi esaltano come poche altre cose sanno fare, tuttavia penso che meriti un palcoscenico più importante rispetto a quello che può offrirgli il Bayern Monaco e spero che un giorno lasci la Bundesliga per venire a giocare in Italia; quasi in ogni partitella indosso la sua maglia numero ventidue. Non ci posso fare nulla, il calcio è stata la mia prima passione e ancor oggi ogni volta che mi capita un pallone tra i piedi mi metto a palleggiare per rilassarmi, come se fosse una sorta di esercizio spirituale. Non ho mai giocato in una squadra e la poca tecnica che ho l’ho sviluppata da solo, ma se potessi tornare indietro spenderei tutte le mie forze in questo sport. Una giocata di un tipo come Cassano secondo me vale più di tante cose e per quanto possa suonarmi banale un’affermazione del genere io non riesco a convincermi del contrario. Non sono in grado di quantificare le ore che ho perso a calciare palloni sgonfi contro il muro esterno di casa mia. Spesso mi sono trovato a palleggiare in salotto, ma non ho mai fatto grandi danni. Sebbene il calcio sia un gioco di squadra io da piccolo lo praticavo da solo e mentre avevo la palla tra i piedi facevo la telecronaca delle mie azioni; se qualcuno mi avesse visto avrebbe avuto tutto il diritto di ritenermi autistico. Sono andato soltanto una volta allo stadio per vedere una partita; Seoul contro Pohang in Corea del Sud: difese ballerine e ritmi blandi. C’è un video che adoro in cui Franck Ribery e Luca Toni scherzano tra una giocata e l’altra: fantastico.
Per il titolo di questo appunto ho adattato un passaggio di un celebre spot di Francesco Rutelli che in un inglese degno di Alberto Sordi in “Un Americano A Roma” invitava gli stranieri a visitare l’Italia. Non mi hanno sorpreso gli avvenimenti degli ultimi giorni né la velocità con cui la loro bolla mediatica si è un po’ sgonfiata. Mi pare evidente che la vicenda di Eluana Englaro e tutti i casi recenti di violenza sessuale (come se accadessero soltanto all’uopo) siano stati strumentalizzati per distogliere l’attenzione da certi argomenti e per delegittimare alcune istituzioni, ma credo che questa pratica non sia un’invenzione italiana, altrimenti nel suo squallore avrebbe perlomeno dell’originalità. Penso che l’informazione sia più vittima dell’incapacità giornalistica che di qualche grande manipolazione, altrimenti dubito che sarebbe così semplice evincere le strategie di comunicazione attraverso una lettura poco impegnativa delle omissioni e delle insistenze mediatiche. Per me è buffo sentire qualche italiano che puntualmente si scaglia contro determinate forme di governo in cui la religione ha un ruolo forte all’interno dello stato, ma forse se si trattasse della loro religione invece che di un’altra allora le critiche verso determinate nazioni sarebbero nettamente inferiori. L’Iran è una teocrazia, ma almeno il suo status è ufficiale in quanto si dichiara una repubblica islamica mentre l’Italia (anche conosciuta come Vatikanistan) finge di essere un paese laico e viene vituperata quotidianamente dalle ingerenze vaticane. A me Silvio Berlusconi sta simpatico sotto il profilo umano e lo ascolterei per ore poiché trovo che abbia un eloquio brillante, migliore di tutto il suo entourage messo insieme, ma come politico mi pare che si discosti poco dalla media dei suoi colleghi e non riesco ad averlo in orrore perché i suoi predecessori hanno mostrato il medesimo servilismo nei confronti della Santa Sede. Vorrei che un giorno un futuro premier della mia nazione si alzasse dal letto, indossasse una tuta dell’Adidas, si recasse al Vaticano in sella a un Booster, prendesse il pontefice di turno per il bavero e lo riportasse ad Avignone a forza di calci in culo nel corso di una diretta televisiva a reti unificate. Se oggi ci fossero nuove elezioni io voterei ancora per l’astensionismo. Potrei votare per l’Italia dei Valori se avesse posizioni più nette sulle questioni etiche, almeno come un tempo avevano i Radicali che adesso mi sembrano soffocati dal rumore dei cilici di qualche teodem. Il mio partito ideale dovrebbe essere una destra anticlericale, ma in Italia questa definizione suona quasi come una contraddizione in termini. Infine il ritorno sulla scena politica di Clemente Mastella lascia perplesso anche un qualunquista come me. In un tale clima penso che il comportamento del presidente della Repubblica nel caso di Eluana Englaro si possa aggettivare in due modi: eroico e responsabile. Faccio un grande sforzo ad appuntare queste cose perché dovrei cercare di non essere partecipe neanche con il pensiero all’abominio politico della mia nazione, tuttavia alcune volte non riesco a sottrarmi a tutto ciò e avverto il bisogno di appuntare quanto mi passi per la mente su questo tipo di questioni. Voglio lasciare a piè di pagina un vecchio video di Aldo Busi che risulta ancora attuale, così magari mi becco qualche accusa di omofobia in meno; a proposito, sono a favore del riconoscimento dei diritti per le coppie omosessuali, tra cui il diritto all’adozione.
Qualche notte fa ho visto “La forza della mente”, il cui titolo originale è “Wit”. Il film inizia con la seguente frase: “Lei ha un cancro”. Il ruolo della protagonista è affidato a Emma Thompson che interpreta brillantemente un’insegnante universitaria di nome Vivian alla quale viene diagnosticato un cancro alle ovaie. Vivian si rivolge direttamente allo spettatore da un letto d’ospedale e parla della sua malattia intercalandone la descrizione con ricordi e citazioni letterarie, ma trova spazio anche per l’ironia che a mio avviso non risulta affatto fuori luogo poiché arricchisce la potenza emotiva della storia. Le inquadrature sono abbastanza statiche e ci sono molti primi piani che secondo me esaltano le capacità recitative di Emma Thompson. Devo ammettere che alcune scene sono toccanti e ritengo che tutto il film sia un pugno nello stomaco, nel senso buono, ovviamente. Mi piacciono i lungometraggi che hanno come tema una malattia terminale perché mi spingono a riflettere su evenienze tetre a cui nessuno è sicuro di sfuggire; la trattazione di un argomento del genere può portare con facilità a un risultato banale, ma questo non è il caso di “Wit” che a mio avviso perde un po’ del suo spessore soltanto nel finale, quando ormai lo spettatore (almeno nel mio caso) ha già tratto le proprie conclusioni. Su questo tema ricordo l’eccellente documentario “Near Death” di Frederick Wiseman che vidi due anni fa e di cui annotai qualcosa su queste pagine. Recentemente di Wiseman ho visto anche “Public Housing”, un documentario di dodici anni fa incentrato su una comunità prevalentemente afroamericana che viveva in un complesso di case popolari a Chicago. Sul tema del cancro ho provato a guardare anche un altro film, “La Mia Vita Senza di Me”, di Isabel Coixet, ma non sono riuscito a vederlo per intero perché mi ha annoiato terribilmente e l’ho trovato troppo piatto per i miei gusti.
Ieri sera sono andato a Prato per vedere l’unica data italiana dei Samael, un gruppo che non ha bisogno di presentazioni, ma di cui ho perso le tracce per diversi anni. Il live si è tenuto al Siddharta e prima del quartetto elvetico ho avuto modo di ascoltare e vedere i Keep of Kalassin che nonostante l’impegno e la bravura non mi hanno colpito in modo particolare. La scaletta proposta dagli svizzeri ha ripercorso buona parte della loro discografia e mi ha dato la possibilità di scoprire i pezzi del loro ultimo album, “Solar Soul”. Il live dei Samael è stato impeccabile sotto ogni punto di vista: suoni puliti e grande presenza scenica. Penso che il concerto sia valso le mie cinque ore di guida e i sedici euro del biglietto. La voce di Vorph dal vivo dà una grande carica e penso che le registrazioni non le diano abbastanza giustizia. Appunto qua sotto il video ufficiale di “Slavocracy”, la terza traccia di “Solar Soul” che è stata proposta anche ieri sera.
Qualche giorno addietro pensavo che sarebbe trascorso un bel po’ di tempo prima che io potessi appuntare su queste pagine quanto è successo il quattro febbraio. Ho rotto il naso a mio zio. Tre pomeriggi fa sono uscito per andare a correre come faccio di solito, ma lungo la strada un automobilista ha tenuto premuto il clacson e ha continuato a farlo anche dopo avermi superato. Appena mi sono accorto che si trattava dell’auto di mio zio ho risposto a quel bel gesto con il dito medio e poi ho continuato a correre. Durante la corsa mi trovavo all’esterno della carreggiata, inoltre non c’erano altri veicoli e l’auto si trovava distante dal cavalcavia ferroviario, punto in cui la strada si stringe e dove talvolta gli automobilisti danno qualche colpo di clacson per avvisare prudentemente chiunque provenga dalla parte opposta. Mio zio ha cercato di spaventarmi e poi ha guardato nel retrovisore per vedere la mia reazione, ma le sue aspettative sono state deluse e ha visto soltanto il dito medio della mia mano destra. Ho pensato che questo breve scambio di cortesie fosse finito in quel momento, ma dopo un paio di minuti ho ritrovato il mio parente davanti all’entrata della pineta in cui di solito vado a correre. Costui mi attendeva con le mani sui fianchi ed era assieme a un altro tizio che in seguito ha cercato di calmare la situazione. Quando ho provato a entrare in pineta mio zio mi ha detto una cosa del genere: “Una domanda”. Io non avevo voglio di fermarmi a parlare e ho tentato di evitarlo, ma lui mi è venuto addosso anche se poi ha sostenuto che sia stato io a dargli una spinta. Si è verificata immediatamente una colluttazione, ma io non ho alzato le mani e mi sono limitato a incassare spinte e calci in culo. A un certo punto gli ho chiesto se avesse finito e gli ho detto che se mi avesse messo nuovamente le mani addosso io avrei fatto altrettanto. Bene, mio zio mi ha dato una nuova spinta sul petto e io l’ho colpito sul naso con un destro veloce e teso. Lui ha iniziato a sanguinare copiosamente e ha cominciato a minacciarmi di morte. Mi ha detto: “Ora mi hai dato un pretesto, t’ammazzo, sei morto, sei morto”. Inoltre: “Bastardo, vieni qua, bastardo, mi hai spaccato il naso”. A seguito di questi nobili propositi ha tentato di staccare da terra dei sassi piuttosto grossi per lanciarli verso di me, ma non ci è riuscito e il suo sforzo mi è sembrato tremendamente comico; a quel punto ho iniziato a correre verso la caserma dei carabinieri di Orbetello per avvisare le forze dell’ordine ed evitare che la situazione giungesse a un punto di non ritorno. Oltre ad avergli spaccato il naso per legittima difesa volevo querelarlo per aggressione e minacce, ma a quanto pare non posso farlo tanto facilmente perché lui ha un referto medico che attesta la frattura del setto nasale che gli ho procurato mentre io ho la “colpa” di non essermi fatto niente, tranne qualche lieve escoriazione. Comunque penso che ci siano dei testimoni poiché qualcuno ha chiamato i carabinieri ancor prima che io raggiungessi la loro caserma. Credo che mio zio volesse rifarsi davanti al suo amico per come lo avevo liquidato verbalmente qualche giorno prima, inoltre lui è alto dieci centimetri più di me, pesa quindici chili in più e ha quarantaquattro anni. Siccome gli è andata male voleva denunciarmi, ma mio padre nonché suo fratello (con cui non parlavo da un lustro, come tra l’altro ho scritto anche qua sopra un giorno prima del fatto) ha convinto entrambi a non intraprendere vie legali; io mi sono lasciato convincere con duecento euro mentre credo che all’altro siano rimasti soltanto i punti di sutura. Non sono un tipo manesco, non sono affatto un violento perché non è nella mia indole, inoltre non ho neanche la stazza per fare lo spaccone, ma non sono disposto a farmi mettere le mani addosso in un modo del genere e non mi sento affatto colpevole per quello che ho fatto. Io ero uscito per andare a correre e non per spaccare il naso a mio zio. Prima del quattro febbraio non avevo mai dato un pugno a una persona e mi ero sempre limitato a colpire il sacco da boxe che ho in giardino. La violenza non è mai edificante, ma talvolta è inevitabile perché la stupidità non può ancora essere estirpata del tutto dal genere umano.
Biometria, intercettazioni e cazzi vari
Pubblicato lunedì 2 Febbraio 2009 alle 23:37 da FrancescoTra meno di due mesi tornerò in Giappone e questa volta le autorità nipponiche prenderanno le mie impronte digitali e mi scatteranno una foto; cheese! Questi controlli non mi infastidiscono e non mi fanno temere alcuna cospirazione. Credo che non vi siano ragioni di preoccuparsi per certe misure di sicurezza a meno che non si abbia qualcosa da nascondere e anche per questo motivo sono a favore delle intercettazioni telefoniche che nella mia nazione assurgono puntualmente agli onori della cronaca. Ci sono dei politici per cui provo una simpatia a livello umano nonostante io non abbia mai espresso alcuna preferenza elettorale e tra questi figurano anche Silvio Berlusconi e Antonio Di Pietro. Il capo dell’attuale maggioranza di governo e il leader dell’Italia dei Valori hanno due modi di comunicare che sono agli antipodi, tuttavia apprezzo entrambi come oratori poiché trovo che siano intrisi di un carisma casareccio, a mio avviso tipicamente italiano. Questo breve excursus mi occorre per sottolineare la totale estraneità dei miei appunti da qualsiasi inclinazione politica; capisco che i colori siano attraenti e per questo motivo non mi intrometto nei discorsi di tutti quei bimbi che passano il tempo a giocare con i pastelli. Sono sereno quando parlo al telefono e non temo nulla, inoltre confido nelle forze dell’ordine (anche se non nutro la stessa fiducia per le aule dei tribunali) e di conseguenza apprezzo la posizione di Antonio Di Pietro su questo argomento. Penso che la privacy sia importante, ma talvolta ho l’impressione che la sua tutela sia una scusa per mettere il bastone tra le ruote a chi cerca di far girare le cose nel modo giusto. Vorrei vedere maggiore controllo e trasparenza un po’ ovunque per debellare il senso di impunità che aleggia a ogni livello della società italiana. Non credo che certe misure di sicurezza siano liberticide, ma capisco che possano essere considerate tali da chiunque tema un’evasione degli scheletri dagli armadi.