I media tradizionali si sono accorti del successo di Facebook con gli stessi tempi biblici che talvolta intercorrono tra un’operazione chirurgica e la successiva scoperta di una garza o di altro materiale estraneo all’interno di un paziente operato. Anch’io faccio parte di qualche social network, ma non ne sfrutto pienamente le funzioni per conoscere gente nuova. Dedico un po’ di tempo soltanto a MySpace perché mi ha dato e continua a darmi la possibilità di scoprire musicisti emergenti o veterani dell’underground, ma devo ammettere che mi piace collezionare i contatti ufficiali dei miei artisti preferiti a mo’ di album della Panini e di conseguenza condivido l’impressione di chi ha usato prima di me questo paragone per definire l’investimeno di Rupert Murdoch. Certi siti sembrano dei mezzi di schedatura volontaria, ma personalmente non mi preoccupo di questo aspetto dato che sono a favore di un controllo maggiore della società . Anch’io ho un account su Facebook, ma finora l’ho usato solamente per rifiutare amicizie virtuali. Concordo con l’opinione di Livia Iacolare secondo la quale buona parte dell’ UGC (i contenuti generati dagli utenti) è scadente perché le masse tendono a creare più che altro mediocrità e in questa mediocrità ovviamente annovero anche le mie cose, tranne quelle che riguardano l’introspezione poiché mi hanno dato molto a livello personale. Sono parecchi anni che percorro le strade impervie di Internet (web e Usenet in particolare) come un lurker e penso di avere acquisto più spunti di quanti ne avrei mai potuti ottenere con interventi inutili. Anch’io ho utilizzato Facebook per scoprire come sono diventate alcune persone che hanno lambito il mio passato e la mia curiosità mi ha confermato ulteriormente quanto io sia stato lungimirante a non concedere mai troppa confidenza. Forse non è giusto giudicare un libro da una copertina, ma cosa pensare quando sotto quest’ultima pare che non ci sia nient’altro? Non voglio mettermi su un piedistallo, ma non sono neanche disposto a scendere in un sottoscala, per Diana! Talvolta penso che anche la solitudine sia diventata due punto zero come il web e suppongo che i portali da me citati (oltre a molti altri di natura analoga o completamente diversa) riescano a dare l’illusione di ridimensionare l’isolamento che mette a disagio un numero indefinito di persone. Non vedo nulla di nuovo in tutto questo, dato che in Italia a suo tempo la SIP forniva un servizio analogo (con i limiti dell’epoca) attraverso il suo Videotel alla velocità “stellare” di milleduecento baud e già allora lungo le reti telefoniche spopolava la ricerca di un contatto con il prossimo che probabilmente è insita nell’animo umano, ma anche questa breve parentesi ha avuto i suoi lati oscuri e uno dei più eclatanti vive ancora nell’enigma del delitto di Via Poma. Personalmente dubito che possano nascere legami solidi in una rete virtuale, ma non lo escludo a priori. Per fortuna non devo creare un profilo alla mia mano sinistra per contattarla ogniqualvolta decida di spendere un paio di minuti con lei. Credo che da qualche anno a questa parte Internet rifletta la società molto più fedelmente di quanto sappiano fare i vecchi media e un esempio può essere rappresentato da un forum o da un newsgroup che se seguiti per un po’ di tempo consentono di capire molte cose sui loro frequentatori, a mo’ di antropologia de’ noantri. Devo ammettere che la mia introspezione è stata aiutata in minima parte anche dalla lettura delle discussioni di alcune comunità virtuali che ho seguito per diverso tempo senza mai partecipare.
Parole chiave: facebook, SIP, social network, videotel