Trovo che il lato estetico delle proteste studentesche si presti a qualche considerazione innocua. Non entro nel merito delle questioni politiche e lascio questo compito ai capibanda delle mense universitarie, ma sento la necessità di riversare da qualche parte le impressioni comiche che ho ricavato negli ultimi giorni e adopero questo spazio virtuale come discarica per le mie facezie. Per salvaguardare la “cultura” qualcuno ha scritto uno striscione con abbreviazioni da SMS dal quale ho cercato di ricavare un messaggio simbolico: tagliare le parole, non i fondi! Quando ho sentito la voce di alcuni studenti mi sono chiesto se i telegiornali avessero selezionato di proposito persone balbuzienti ed emozionate mentre altri tizi sproloquiavano nei megafoni con il piglio di Grande Puffo. Qualcuno ha evocato il sessantotto e anch’io vorrei che quel periodo tornasse, infatti adoro i manganelli e gli idranti. Non ci posso fare nulla, ma provo una simpatia enorme nei confronti delle forze dell’ordine che indossano i loro completi antisommossa: forse subisco il fascino della divisa o delle macchie di sangue rappreso. In altre occasioni ho manifestato il mio apprezzamento per la guerriglia urbana e già in occasione del G8 di Genova mi sono dilettato a guardare le cariche della polizia. Non sono un sadico e non cerco di stare da una parte o dall’altra, ma guardo eventi simili da una prospettiva molto superficiale perché ritengo che il loro aspetto più profondo sia connesso alle ispezioni anali. Insomma, a me interessa il lato estetico di questi avvenimenti e non mi curo eccessivamente del casus belli. Sospetto che alcuni dei manifestanti condividano il mio atteggiamento senza rendersene conto, ma non voglio dilungarmi sul piacere dell’aggregazione che scaturisce dall’adesione a movimenti anacronistici. Mi dispiace un po’ per coloro che contestano sinceramente e con cognizione di causa. Mi riferisco a quelle persone che nutrono un interesse reale verso ciò di cui diventano fautori e posso soltanto immaginare la loro frustrazione ogniqualvolta il braccio armato della pecoraggine saboti le loro iniziative, ma credo che sia un prezzo da pagare per assistere puntualmente a qualche scaramuccia divertente. Ogni volta che Silvio Berlusconi siede sullo scranno più alto di Palazzo Chigi sembra che l’abbia raggiunto a seguito di un putsch, ma suppongo che qualsiasi governante sia destinato a destare impressioni del genere. Mi auguro che le elezioni statunitensi portino una ventata di novità sui media nazionali: le proteste sono come il pesce e dopo tre giorni puzzano. Non so nulla dei programmi elettorali di John McCain e di Barack Obama, ma spero che la spunti quest’ultimo per la sua pigmentazione e lo stile brillante che ho notato nelle sue interviste. Nel panorama repubblicano mi diletta molto la figura di Sarah Palin perché nel mio immaginario rappresenta lo standard della pazzia reazionaria che attecchisce in alcune zone degli Stati Uniti. Mi piace svuotare le cose di significato e concentrarmi sulle forme: è poco impegnativo e mi espone in modo minore alla mia autocritica feroce.
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