Il paese era in subbuglio per un evento di cui non ricordo nulla. Le persone sedevano ovunque e alcuni ragazzi si arrampicavano con destrezza sugli alberi o sui cornicioni degli edifici per ottenere un posto dal quale assistere allo spettacolo che tutti attendevano spasmodicamente. Lungo le strade vigeva un’atmosfera irreale e il volgo era ipnotizzato da qualcosa di seducente che avrebbe potuto sedare qualsiasi tipo di sedizione. Io mi trovavo al secondo piano del mio palazzo ed ero immobile nel salotto della mia nonna materna. Davanti a me una bambina dondolava su una vecchia poltrona. La piccola aveva i capelli bruni e indossava un paio di occhiali da vista. Ogni tanto diceva cose prive di senso, ma io non le rispondevo e fissavo con sospetto un piccolo neo che si notava a malapena sul suo mento. D’un tratto un boato proruppe dall’esterno e il clamore della gente provocò un’onda d’urto che investì la stanza. La bambina uscì per aggregarsi alla calca mentre io rimasi al mio posto e tacqui. Chiusi gli occhi e dopo alcuni secondi mi ritrovai in una strada secondaria. Una donna che si spacciava per mia madre chiuse la saracinesca di un negozio e, con lo sguardo intriso di lacrime, mi guardò e mi disse: “La mamma di Bianca si è chiusa in casa!”. Riaprii le palpebre e mi affacciai alla finestra del salotto di mia nonna. Capii chi era Bianca quando vidi una bambina a terra con il cranio fracassato. La piccola era caduta da un’altezza notevole, ma nessuno sapeva dire da quale punto fosse volata nel vuoto. Mi voltai e diedi le spalle al resto del mondo. La morte tremenda di Bianca mi fece pensare alla perdita ipotetica della figlia che non avevo mai avuto. Non ricordo il seguito di questo sogno nĂ© l’epilogo della storia, ma suppongo che entrambi abbiano incontrato la loro fine come ogni altra cosa che non sia attribuibile a una qualsiasi forma di eternitĂ .
Parole chiave: attivitĂ onirica, dormiveglia, fase REM, sogno